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L'appuntamento

di Teona Strugar Mitevska Danimarca, Belgio, Slovenia, Croazia, Macedonia, Bosnia-Herzegovina, 2022

Quello che sembrava un innocuo appuntamento al buio è l'occasione per la resa dei conti tra due sconosciuti che trent'anni prima hanno cambiato per sempre l'uno la vita dell'altra. E di mettere a fuoco il desiderio di rimozione di un intero Paese, la Bosnia ed Erzegovina. Presentato nella sezione "Orizzonti" della 79esima Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, L'appuntamento (The happiest men in the world) è l’ultimo film della regista macedone Teona Strugar Mitevska, che, come per l'acclamato Dio è donna e si chiama Petrunya, riprende una storia vera e la trasfigura in pellicola.

Asja e Zoran si ritrovano in un albergo della periferia di Sarajevo per un gioco di coppie. Lei è lì per conoscere un uomo, lui invece si siede al tavolino per incrociare gli occhi della ragazzina a cui trent'anni prima ha sparato alle spalle. In Asja, interpretata da Jelena Kordić Kuret, tutto è trattenuto, a partire dallo sguardo rassegnato e dalle risposte vacue alle domande altrettanto fatue che il gioco prevede per conoscersi, mentre lo Zoran di Adnan Omerović è elettrico. Zoran dice che la sua stagione preferita è la primavera e di pensare spesso al suicidio, ma soprattutto Zoran sa che lei sta mentendo quando racconta quale sia il suo ricordo peggiore. Dal momento in cui viene rivelato chi sono l'uno per l'altra, Asja non ha più freni. La cicatrice che ha sulla parte alta della schiena diventa qualcosa da mostrare all'uomo che l'ha procurata e i racconti del periodo dell'assedio fluiscono dalle sue labbra. Per farsi dare retta rinchiude gli altri partecipanti al gioco in una sala e lega a una sedia Zoran ma la domanda di tutti è: perché credi che la tua storia sia più importante della nostra?

A me dispiace solo per Sarajevo

L'assedio di Sarajevo, il più lungo della storia moderna, è durato dal 5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996 e ha provocato circa dodicimila morti e cinquantamila feriti.

L'appuntamento non è solo la storia di Asja e Zoran, ma quella degli abitanti di Sarajevo. Quella di chi ha perso qualcuno di molto caro sotto i proiettili dei cecchini dell'esercito della repubblica serba e quella di chi vive con un disturbo post traumatico e dice di andare fuori di testa appena sente un rumore forte. Ma è soprattutto quella di chi ha cercato di rimuovere e quando si parla di convivenze tra religioni cita solo il vicino di casa rastafariano. Lo sforzo sta nell'affermare che la normalità ora sia quella, come la normalità di un tempo era l'orribile sapore delle scatolette Ikar.

Ho sempre desiderato conoscere l'uomo che mi ha sparato

Asja, con tono monocorde – quasi come se non sentisse le parole come proprie e non riuscisse più a trattenerle – prima di arrivare alla notte che l'ha quasi uccisa narra che una volta, mentre tornava a casa, si è trovata addosso i resti dell'amico che le camminava vicino. La crudezza del suo racconto sembra lasciare indifferenti le due donne che le stanno accanto perché non è diverso da ciò che hanno vissuto anche loro e di cui non vogliono più sentire parlare. Le storie sono tutte simili e anche Asja, nel momento in cui ascolta per la prima volta la storia del suo assalitore, lo provoca, raccontandola come hanno fatto gli altri per alleggerire il peso delle loro azioni: sicuramente quando ha sparato alla sua famiglia era ubriaco, sicuramente era la sua prima volta.

Nel film, i limiti della parola – che resta sospesa nell'aria, quando non direttamente rifiutata – vengono trascesi dalla musica che prende le redini del racconto. I pensieri dei due che hanno appena scoperto chi sono l'una per l'altro hanno le sembianze di un valzer in cui devono ballare entrambi, la disperazione di Zoran che non riesce a farsi ascoltare è sovrastata dalla musica punk e il sentimento di libertà che prova Asja appena prima di lasciarlo andare è un ballo hip hop.

E il perdono? La richiesta di perdono è il movente dell'appuntamento ma è del tutto ininfluente che venga concesso. Se prima di incrociare gli sguardi Asja e Zoran avevano in comune solo il fatto di essere coetanei, infelici e vivere entrambi a Sarajevo, ora che si sono conosciuti hanno in comune il fatto di essersi trovati – due corpi l'uno davanti all'altra – e la condivisione del racconto di quella notte chiara del gennaio 1993.

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