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Soli a difendere lo Stato di diritto

il rischio quotidiano degli avvocati in Colombia

Il Fatto Quotidiano porta la nostra attenzione a quegli avvocati che rischiano ogni giorno la vita per difendere le persone più deboli ed emarginate. In Colombia in particolare, dove è in corso da 50 anni una guerra civile con le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (le FARC responsabili di molti sequestri), quella di principe del foro non è una carriera gratificante. Le FARC per esempio sono uno dei movimenti ribelli più longevi al mondo, che non accettano l'ordinamento costituzionale perché mirano a instaurare una "democrazia popolare". 
Narcos, guerriglieri, polizia, esercito: tutto congiura per rendere pericolosa l'attività di difesa di soggetti e fasce deboli come contadini, indigeni, poveri e oppositori. Secondo dati dell'Ufficio del Procuratore Generale a partire dal 1991 sono stati uccisi in Colombia ben 400 legali. A questa cifra già di per sé agghiacciante occorre aggiungere 29 casi di uccisioni di attivisti per i diritti umani nel 2012 e 37 nel 2013. L'impunità per tali crimini è del 98%, secondo l'associazione Somos Defensores. 

Per raggiungere la pace non bisognerà ottenere successi solo in tema di proprietà della terra e di partecipazione ai diritti politici, due temi cruciali nelle trattative con le FARC, ma anche di giustizia per le vittime dei soprusi e soprattutto di indipendenza e sicurezza delle professioni e carriere legali: quelle dei magistrati e degli avvocati.

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