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il riconoscimento della Shoah da parte di Abu Mazen

visto dagli israeliani

Abu Mazen ha dichiarato il 22 aprile che la Shoah è il “crimine più odioso” e ha offerto le sue condoglianze “alle famiglie delle vittime e al popolo innocente ucciso dai nazisti, inclusi gli ebrei ed altri”. Inoltre ha osservato che la Shoah fu innescata dal razzismo, dalla discriminazione etnica e razziale “che i palestinesi respingono con forza e contro cui si battono". "Il popolo palestinese sta soffrendo per l'ingiustizia, l'oppressione e la negazione di pace e libertà. Siamo i primi - ha spiegato - a chiedere di rimuovere l'ingiustizia e il razzismo". Per questo, ha aggiunto, "chiamiamo il governo israeliano a cogliere l'attuale occasione per concludere una pace completa nella regione, basata sulla visione di due Popoli due Stati che vivono a fianco in pace e sicurezza".

Si tratta di affermazioni storiche, che sono state pronunciate per la prima volta in settant’anni da un leader palestinese, dopo che lo stesso Abu Mazen aveva scritto una tesi negazionista sull’Olocausto, e i palestinesi scrivevano che il numero delle vittime della Shoah era stato gonfiato dai sionisti con lo scopo di fornire motivazioni all’oppressione degli arabi. 
Il mondo politico e intellettuale israeliano ha reagito in modi diversificati. Alcuni, come Avraham Burg e David Grossman, hanno accolto favorevolmente l’apertura di Abu Mazen. Nell’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica il 28 aprile 2014, lo scrittore Grossman ha sottolineato “il livello di sfiducia, di sospetto e di odio esistente fra Israele e i palestinesi… Per questo – ha quindi spiegato - è molto preoccupante che Israele abbia deciso di interrompere i colloqui di pace. Ed è bene che il presidente dell’Anp, nel giorno della Memoria della Shoah, abbia riconosciuto il dolore degli ebrei”. È su uno sfondo di pessimismo, mitigato solo dalla capacità di cogliere il gesto di riconciliazione del leader palestinese, che si inseriscono le dichiarazioni di Avraham Burg e di altri osservatori. Burg ha sottolineato che solo Abu Mazen, tra tutte le parti interessate, “ascolta veramente l’altro”. Si schiera per dare credito al leader palestinese anche Thane Rosembaum, su Haaretz del 29 aprile. “È il primo passo verso il riconoscimento del diritto all’esistenza di Israele, nonostante le esitazioni dello stesso Abbas, i continui 'flirt' tra l'Autorità Nazionale Palestinese e le Nazioni Unite, persino la riconciliazione di Fatah e Hamas”, scrive Rosembaum. 

Altri pareri invece si avvicinano a quello di Benjamin Netanyahu, che sospetta Abu Mazen di aver fatto un calcolo cinico. La tesi del “cinico doppio gioco”, per cui il leader palestinese userebbe la Shoah come pedina negoziale per lottare contro Israele Stato ebraico, per il diritto al ritorno dei palestinesi e per ottenere che Gerusalemme sia la capitale dello Stato palestinese, è accolta ad esempio da Zvi Bar’el, secondo cui il problema sarebbe il timore di non potersi fidare di Mahmoud Abbas. Un’altra voce critica verso Abu Mazen è quella di Sam Sokol sul Jerusalem Post del 22 aprile. Sokol ripercorre tutti i momenti in cui il leader palestinese è stato negazionista: nella tesi, da lui difesa una volta pubblicamente anche l’anno scorso, e in diversi materiali prodotti dai media palestinesi sponsorizzati dall’ANP, come “un articolo in cui Hitler dice a una ragazza palestinese: “Ho ucciso gli ebrei per rendere chiaro che sono un popolo che porta distruzione nel mondo”. 


Le ferite aperte dalla guerra anche mediatica che continua a svolgersi in Medio Oriente senza una prospettiva di un esito positivo del processo di pace portano anche a questi sentimenti di sfiducia esacerbati e di inaridimento delle relazioni tra israeliani e palestinesi, sempre più incapaci di ascoltare la sofferenza dell’altro. Tuttavia è innegabile che un gesto sia stato compiuto; gesto che, se seguito ed emulato, potrebbe servire a ricostituire la fiducia tra i due popoli

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