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Andrei Mironov, un ricordo del dissidente ucciso in Ucraina

di Francesco Bigazzi

Andrei Mironov

Andrei Mironov

Pubblichiamo un ricordo di Andrei Mironov - l'uomo ucciso in Ucraina insieme al fotoreporter italiano Andy Rocchelli - del giornalista Francesco Bigazzi. A seguire, la storia del dissidente Mironov, scritta da Bigazzi e pubblicata nell’introduzione del libro "Tempi dell'Est" del fotografo Mauro Galligani (Silvana Editore, 1999).
Il testo completo è disponibile nel box approfondimenti.

Andrei Mironov era qualcosa di più di un "interprete" oppure di una "guida", come viene frettolosamente definito dalla stragrande maggioranza dei mezzi di informazione italiani. Andrei, l'ultimo dei dissidenti sovietici a finire in un lager, quando è tornato in libertà ha collaborato con Memorial di Mosca, è stato emissario di Amnesty International in Cecenia e nel Caucaso, era sempre in prima fila nei punti caldi dell'ex-Unione Sovietiva per denunciare le violazioni dei diritti umani e testimoniare la verità.

Fragile quanto determinato, non ha ceduto alle minacce ed ha avuto la forza di superare una tremenda esperienza quando è stato brutalmente aggredito e ridotto in fin di vita da un "vicino" di casa.

Andrei Mironov deve essere ricordato come era veramente. Suo amico e compagno di innumerevoli avventure, lo rivedo come quando scrissi questo testo. Addio Andrei, la Russia dopo di te non sarà più la stessa.


Mosca - Comunismo: dissenso, prigione, violenza, lager, fame, esecuzioni fasulle. Post-comunismo: felicità, diritti umani, delusione, ribellione, contestazione, spogliato di tutti i suoi beni da parte di un “nuovo russo”. Il passaggio dall’Unione Sovietica alla Russia del “capitalismo burocratico”, come ama definirla citando il suo economista preferito, Andrei Piontkovski, non ha riconciliato Andrei Mironov con il mondo che “sembra restare immutabile ed eterno”. La sua storia è molto simile a quella di tanti altri dissidenti, basta pensare allo stesso Aleksander Solgenitsyn, che, una volta caduto il comunismo, non riescono ad intravedere l’uscita dal tunnel, lo sbocco verso una vera democrazia.

Capelli arruffati, sguardo penetrante, vivace, talvolta un po’ troppo, un sorriso amaro che immancabilmente, quando parla dei nemici di sempre, comunisti di ieri che si sono riciclati nei “nuovi russi”, si trasforma in una vera e propria smorfia, Andrei è ormai convinto che d’importanza vitale per il superamento del passato sia riconoscere il principio della colpa personale, l’ammissione della propria responsabilità. “I nostri cittadini e dirigenti - ama ripetere Andrei - si considerano, nella maggioranza, vittime innocenti delle circostanze storiche. Per questo motivo in Russia non c’è stato, né ci poteva essere nulla di simile al processo di Norimberga oppure alla denazificazione della Germania”.

La prigionia ed il lavoro forzato non hanno contribuito a far attenuare la sua intransigenza nel ricercare a tutti i costi la giustizia. Non "avrà mai pace" fino a quando non saranno processali gli aguzzini di ieri ed arrestati i truffatori di oggi. La detenzione sembra invece aver marcato il suo modo di vivere ed i suoi comportamemi. Quando cammina, non lo fa mai in modo regolare. Predilige lunghi passi, come se andasse su e giù in una cella, oppure cambiamenti improv­visivi di velocità. Riesce a vivere in uno spazio piccolissimo, come raggomitolato su se stesso. Nel lungo periodo che abbiamo passato insieme a Grozny, mentre attendavamo la liberazione di Mauro Galligani, mi ha colpito come fosse capace di non sconfinare mai dal suo divano letto sul quale era adagiato un sacco da montagna con qualche libro e pochi oggetti personali "che teneva sempre pronto" perchè da tempo "era abituato al peggio". Quando non dormiva portava sempre gli auricolari per ascoltare tutti i programmi di Radio Liberty e della BBC, le uniche verso le quali nutre una certa fiducia perchè gli aprivano uno spiraglio nel muro eretto dalla spaventosa macchina propagandistica dell'era sovietica. E poi il desiderio costante di mangiare, provoca­to da un drastico restringimento dello stomaco, a causa della lunga prigionia. Un dolore continuo di cui soffrono molti reduci, eredità delle disumane privazioni del lager e che ha raggiunto tragiche conseguenze nel grande scrittore Varlam Shalamov, autore degli insuperabili "Racconti di Kolyma", Mangiare quindi è un rito tutto panicolare. Si mastica lentamente e si spezzetta il pane in bocconi minu­scoli.

26 maggio 2014

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