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I registi iraniani perseguitati dal regime

Quando documentare la realtà diventa pericoloso

Mahnaz Mohammadi, regista iraniana e militante dei diritti delle donne, è stata arrestata a Teheran domenica mattina. Dal sito internet dell'ex primo Ministro attualmente agli arresti domiciliari, Houssein Mussavi, si legge che è stata "prelevata direttamente nella sua abitazione da agenti delle forze di sicurezza non identificati ". 

La regista, condannata a cinque anni per propaganda contro lo Stato in seguito a una presunta collaborazione con la BBC, è stata arrestata dai servizi segreti dei “Guardiani della Rivoluzione”, una forza paramilitare, composta da volontari e controllata dalle Guardie della Rivoluzione Islamica. Mohammadi era stata già arrestata e poi rilasciata nel luglio 2009 insieme al regista, Jafar Panahi, al cimitero di Behecht e-Zahra, a sud di Teheran, durante una cerimonia in memoria dei manifestanti che hanno perso la vita nelle repressioni delle proteste contro la rielezione del presidente Mahmud Ahmadinejad, ritenuta frutto di brogli elettorali dall’opposizione riformista.
Il passaporto le era invece stato ritirato a maggio per impedirle di recarsi al Festival di Cannes per assistere alla presentazione del film del regista franco-iraniano Reza Serkanian Nozze effimere, di cui è la protagonista. La sua presenza si è comunque fatta sentire attraverso un messaggio, letto durante la presentazione della pellicola, nel quale affermava: "Sono una donna, sono una regista. Due regioni sufficienti per essere colpevole in questo Paese […] ma ho speranza".

Mohammadi ha diretto il film Donne senza ombra premiato in diversi Paesi e ha contribuito al documentario della regista Rakhsan Bani-Etemad Siamo la metà della popolazione sulle controverse elezioni presidenziali del 2009. 


Per lavori di questo tipo i registi iraniani finiscono spesso nel mirino del governo e arrestati per propaganda anti-regime. Mohammad Rafulof e lo stesso Panahi, Leone d'oro a Venezia nel 2000, sono stati condannati ciascuno a sei anni di reclusione e venti anni di divieto di girare o scrivere film, viaggiare all’estero e concedere interviste a media stranieri; a Faramarz Beheshti è stato negato il visto per recarsi a ritirare un premio sui diritti umani in Italia, mentre Abbas Kiarostami non ha potuto proiettare in Iran il suo Copia conforme.

19 giugno 2014

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