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La deportazione degli ebrei di Rodi

di Liliana Picciotto

Lo scorso 23 luglio 2014 cadeva il settantesimo anniversario della deportazione degli ebrei dalle Isole Egee, operata dai nazisti con determinazione, malgrado le decine di migliaia di chilometri di distanza da Berlino, malgrado l’epoca tardiva per cui all’Est la città di Minsk era già stata liberata dai russi e il primo campo di sterminio, quello di Maydanek Lublino, fosse appena stato liberato.

Per questa importante commemorazione, centinaia di discendenti e di parenti delle vittime sono confluiti nell’Isola di Rodi. È stato un pittoresco e commovente incontro di persone giunte dalla Nuova Zelanda, dal SudAfrica, dal Venezuela, dagli Stati Uniti, dal Belgio, dalla Grecia. Sotto l’occhio vigile di Bella Restis, attuale presidente della comunità ebraica di Rodi, che si è presa carico dell’organizzazione e del finanziamento della commemorazione, si è svolto un fitto programma di cerimonie e un simposio scientifico di storici. È stata finalmente apposta una lapide marmorea all’ingresso del comando dell’aeronautica italiana, dove gli ebrei furono rinchiusi per 5 giorni prima del loro avvio, via mare, verso il golfo del Pireo prima e, via treno, verso il campo di Auschwitz-Birkenau.

Il loro calvario durò più a lungo che per tutti gli ebrei d’Europa: partirono il 23 luglio 1944 e giunsero sulla banchina del campo di sterminio il 16 agosto successivo. Per questo, il film-documentario dedicato a questa vicenda si intitola Il viaggio più lungo. Rodi-Auschwitz (autori Marcello Pezzetti e Liliana Picciotto, regista Ruggero Gabbai).

Il simposio è stato organizzato dallo storico irlandese Anthony McElligott. Il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (CDEC) di Milano, nella persona di Liliana Picciotto, ha presentato la ricerca specifica sui nomi dei deportati dalle isole Egee di Rodi e di Cos ricerca che aveva richiesto tre anni di impegno costante.

Dopo una missione di un mese a Rodi per raccogliere documentazione, il CDEC è riuscito finalmente a formulare un elenco fondato e verificato delle vittime, completo delle date di nascita di ognuno, della maternità, della paternità. Questo lavoro ha cercato di chiarire anche altri aspetti: ad esempio se, dopo aver superato la selezione, ogni giovane sia riuscito ad entrare nel campo, con che numero di matricola e quale è stato il suo destino finale. Il complesso della ricerca è stato gravoso a causa delle continue omonimie: i nipoti si chiamano spesso come i nonni, per un nonno ci sono 4-5 nipoti. Non si riusciva a capire per un certo nome se si trattasse di un anziano, di un bimbo o di un giovane. Per districarsi in questo reticolo parentale, la brava Alberta Bezzan, che collabora con il CDEC in prima persona a questa ricerca, ha dovuto, con non poca fatica, ricostruire gli alberi genealogici di ogni famiglia.

Ora sono stati ritrovati i nomi dei 1.750 ebrei deportati da Rodi e dei 96 ebrei deportati da Cos.

Un altro importante tassello alla conoscenza della Shoah perpetrata in Italia e nei territori sotto la sua influenza è stato aggiunto.

28 luglio 2014

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