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Ucraina verso il cessate il fuoco

Ma nel Paese aumenta la polarizzazione etnica

La notizia del cessate il fuoco in Ucraina arriva il 3 settembre, dopo il colloquio tra Vladimir Putin e il presidente Poroshenko. In poco tempo però, i due leader fanno un passo indietro, lasciando nell’incertezza una situazione sempre più complicata. A margine della riunione NATO di giovedì 4 settembre, tenutasi in Galles, Poroshenko ha fatto nuovamente intravedere la possibilità di una tregua, dichiarando che “Alle 14 ora locale di venerdì, se la riunione di Minsk si terrà come previsto, chiamerò lo Stato Maggiore dell’esercito per procedere all’organizzazione di un cessate il fuoco bilaterale e la nostra speranza è che l’implementazione del piano di pace possa cominciare domani stesso”.

La stampa italiana e internazionale segue quotidianamente gli sviluppi della situazione ucraina. Particolare è l’opinione espressa sul Washington Post da Anne Applebaum, giornalista polacco-americana esperta di temi internazionali e questioni relative all’Unione Sovietica e all’Europa orientale. La Applebaum, infatti, si chiede se le minacce di Putin debbano essere considerate credibili e pericolose come quelle di Hitler e di Stalin, e se sia quindi possibile una nuova guerra in Europa.

“Col senno di poi - si legge nell’articolo - tutti loro [i cittadini polacchi del 1939, n.d.r.] ci sembrano incredibilmente ingenui. Al posto di celebrare matrimoni non potevano semplicemente mollare tutto e prepararsi per la guerra quando ancora era possibile farlo? E adesso, nell’estate del 2014, mi tocca chiedermi: non dovrebbero fare altrettanto gli ucraini? E le popolazioni dell’Europa centrale?”

Ciò che preoccupa la giornalista americana sono i segnali provenienti da Mosca, dalla pubblicazione di libri scolastici con la storia della Nuova Russia - un grande Stato che comprende i territori di Russia, Crimea e Transnistria, sempre più spesso percepito come il vero obiettivo di Putin - alla possibilità di un limitato attacco nucleare nell’Europa dell’Est, alla luce delle esercitazioni militari del 2009 e del 2013.

“È possibile che queste siano tutte paranoie? - si chiede la Applebaum - Può darsi. E forse Putin è troppo debole per fare ciascuna di queste cose, e magari sta bluffando e gli oligarchi del suo paese lo fermeranno. Ma anche il Mein Kampf sembrò paranoico al pubblico tedesco e occidentale del 1933. Anche l’ordine di Stalin di «liquidare» tutte le classi e i gruppi sociali nell’Unione Sovietica ci sarebbe sembrato ugualmente folle al tempo, se solo avessimo potuto ascoltarlo. È così paranoico, quindi, prepararsi ad una guerra devastante? O, viceversa, sarebbe da ingenui non farlo?”

Sicuramente i segnali che giungono da Mosca sono tutt’altro che rassicuranti. Tuttavia, afferma Galina Stolyarova, giornalista del St. Petersburg Times, in un articolo pubblicato su Transitions Online, è sbagliato polarizzare le responsabilità, dividendo il conflitto in buoni e cattivi. Segnali preoccupanti arrivano anche da Kiev. Basti ricordare infatti, l’episodio dello scorso 2 maggio, quando decine di filo-russi vennero bruciati vivi nell’edificio di Odessa dove avevano cercato rifugio durante gli scontri con alcune bande di filo-ucraini. “Secondo quanto riportato dal New York Times e confermato da testimoni di entrambi gli schieramenti - ricorda la giornalista - quando le fiamme inghiottirono l’edificio gli attivisti ucraini iniziarono a cantare il loro inno, lanciando un nuovo scherno: ‘Colorado’, come lo scarafaggio delle patate del Colorado, a strisce rosse e nere come i nastri dei filo-russi. Da fuori cantavano ‘brucia Colorado, brucia’”.

Galina Stolyarova ricorda anche i numerosi giornalisti russi catturati dalle forze ucraine, i tre reporter uccisi mentre riprendevano il conflitto e l’uso della forza da parte dell’Ucraina contro i civili. “La tentazione di condannare Putin qualsiasi cosa faccia sta crescendo in Occidente - prosegue l’autrice dell’articolo - e molti politici e giornali occidentali hanno usato un linguaggio che può creare un sentimento di odio nei confronti del popolo russo. Spesso sembra che i racconti dei media occidentali consistano in poco più di ciò che “l’Ucraina dice”. Le persone in Russia percepiscono che la loro voce non viene udita nel mondo e che le loro opinioni vengono distorte”.

La polarizzazione tra russi e ucraini viene in effetti spesso vista, in Europa, come il nodo della crisi. Ma il fattore etnico è davvero così centrale? Lo ha chiesto Anna Zafesova ad Andrei Kurkov, uno dei più affermati scrittori ucraini, in un’intervista per il quotidiano La Stampa. “Il fattore etnico non c’entra nulla. - risponde Kurkov - In Ucraina ci sono milioni di russi etnici e la maggioranza vorrebbe l’adesione all’Europa, i seguaci di Putin sono molti meno. Chi ama Putin ha nostalgia dell’Urss. È così in Crimea, è così nel Donbass. Sia nelle file della Guardia Nazionale ucraina che in quelle dei separatisti si sente parlare russo. Molte persone che non si erano poste il problema della loro appartenenza ora scelgono di definirsi ucraini, inclusi molti russi etnici. Per loro essere ucraini non è un’identità etnica, ma politica, significa ‘io non sono come i seguaci di Putin’”.

Anche Kurkov teme il progetto di Putin di creare una “Nuova Russia”, a suo avviso “un termine degli zar riesumato per rivendicare l’Est ucraino”. E sostiene che senza l’aiuto militare dell’Europa il presidente russo riuscirà nel suo scopo.

5 settembre 2014

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