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“Ricordiamo il genocidio Rom"

Testimonianza di Mirjana Trajkovic - Milano, 19 ottobre 2014

Era il mese di giugno del 1944 quando dall’Ungheria e dai territori occupati dell’Ungheria in tutta fretta sono stati raccolti gli ebrei per essere ammassati nei vagoni che li portavano a Birkenau. Dato che Auschwitz-Birkenau era in fase di smantellamento, nessuno di loro fu registrato all’arrivo e a nessuno di loro è stato tatuato sul braccio il numero. In effetti non ci sono archivi salvati di questo periodo, o perché non compilati o perché distrutti dai tedeschi. Birkenau era equipaggiata con una nuova rampa per i treni e quattro crematori nelle strette vicinanze dei binari. Lo scopo primario del campo era l’eliminazione in massa.

Penso che mia madre sia stata internata nel settore B II C del campo (campo di transito), che non doveva essere lontano dal settore B II E, campo per famiglie zingare.

Di tutta la sua permanenza nei campi di sterminio (dal 1944 alla liberazione), mia madre mi raccontò poco o nulla; ogni tanto qualche osservazione e, soprattutto, il suo numero tatuato sul braccio nel campo Gross Rosen dove era stata trasferita, sono stati per me l’ombra sempre presente di quello che le è successo. È morta giovane ed io ero troppo giovane per osare infrangere una specie di pudore che m’impediva di porre domande.

Una cosa però mi ha raccontato; vicino alla sua c’era una baracca di rom greche, sempre rumorose per le loro dispute verbali. Una mattina, al risveglio, dalla baracca adiacente non si sentiva più nulla: la baracca era stata svuotata durante la notte, ed era rimasto, secondo le parole di mia madre, solo un “terribile agghiacciante Silenzio” che non avrebbe mai dimenticato.

Dopo la guerra, ogni nove maggio, mia madre accendeva tre candele, una per sua madre, morta all’arrivo a Birkenau, una per suo padre, sparito durante la liberazione, ed una per tutti gli altri. Questo è il più grande insegnamento che ho ricevuto da mia madre; ma anche il mio primo contatto con i rom, non come minoranza etnica, come massa indistinta, ma come esseri umani dotati di tutti i diritti.

Nella conferenza di Wansee (1942) i tedeschi hanno stilato un atto burocratico con il conteggio, diviso per Paesi, di quanti ebrei dovevano devono essere soppressi; da questa decisione è nato l’apparato organizzativo incaricato dello sterminio, con le varie specializzazioni nei campi di lavoro e, come ben sappiamo, una burocrazia perfettamente funzionante. Per quanto la persecuzione degli ebrei fosse iniziata comunque ben prima del 1942, durante la conferenza fu deciso che non di esclusione e persecuzione si dovesse trattare, ma di soppressione definitiva (i territori tedeschi dovevano diventare Judenrein). Gli ebrei di tutto il mondo chiamano il genocidio nazista Shoah (distruzione), ma la Shoah è un punto di arrivo e non di partenza, di un lungo e vasto percorso di persecuzione, fatto che spesso non viene ricordato e precisato durante le commemorazioni.

Il nazismo riservò ai Rom-Sinti un trattamento simile a quello riservato agli ebrei. All’inizio vennero presi da ogni dove come immondizia, poi le cose vennero sì legalizzate, ma con un piccolo problema all’inizio: i rom erano ariani puri, ben più dei tedeschi stessi. La quadratura del cerchio la trovò il prof. Hans Gunther, ”scienziato razziale”, il quale constatò che durante i secoli i rom si erano talmente mescolati con altre etnie, da imbastardirsi con sangue di razze inferiori, soprattutto slave, diventando irrecuperabili e pertanto da eliminare.

Hanno vissuto anche nei dettagli la stessa sorte degli ebrei. Nel 1942 venne l’ordine di arrestare tutti gli individui dai caratteri somatici propri degli zingari, compresi gli zingari di sangue misto che si trovavano nel Reich, e di trasportarli ad Auschwitz, a qualunque età e sesso appartenessero. Nei campi i rom hanno vissuto nelle stesse condizioni e hanno subito la stessa sorte degli ebrei. Nella notte fra il 2 e 3 agosto del 1944, le baracche degli zingari furono svuotate e uomini, donne e bambini trovarono la morte nel crematorio numero 5 di Birkenau. I rom ricordano oggi questo crimine con la parola Porrajmos, grande divoramento, devastazione.

Suppongo che mia madre, quando mi parlava del grande insopportabile Silenzio dopo lo svuotamento della baracca vicino alla sua, si riferisse alla notte fra il 2 e 3 agosto. Quanti sono morti in questo modo? Si dice 500-600.000. In fin dei conti il numero esatto o approssimativo non ha nessuna importanza! L’importante è che i rom, come tali, erano destinati all’annientamento e hanno subito un genocidio. Questo è in breve quanto successo. Va ricordato che durante il processo di Norimberga, i Rom non vennero né interpellati come testimoni né mai furono menzionati.

Nel 2005 l’ONU stabilì che il 27 gennaio fosse internazionalmente riconosciuto come Giorno della memoria. Da anni ormai, il 27 gennaio ovunque è il giorno della memoria della Shoah – commemorazione degli ebrei sterminati nei campi di concentramento. Sento profondamente il valore della commemorazione della morte dei miei nonni e di tutta la loro famiglia; anche mia madre quando è ritornata nella sua cittadina d’origine, non ha più trovato nessuno vivo.

E tuttavia mi manca la terza candela, quella che mia madre metteva per tutti gli altri. Per quale ragione in prossimità del 27 gennaio, i giornali e i media parlano o scrivono solo della Shoah, puntualmente dimenticandosi di precisare che la Shoah è un punto di arrivo di tutto quello che è successo nei duemila anni precedenti e dimenticandosi delle altre vittime?

Del genocidio dei rom, neanche una parola. Sterminati ieri e dimenticati oggi? Paura?

Ma come, organizziamo un giorno della memoria dei rom, questi brutti, sporchi ladri di bambini? Da notare comunque che il 27 gennaio del 2014, la Consulta rom ha organizzato presso il Centro San Fedele di Milano, presente l’assessore Majorino, la commemorazione degli scomparsi. Ma non è dai giornali o dalla TV che sono venuta a saperlo.

Di cosa si tratta ? Della cancellazione della memoria dopo l’annientamento fisico?

Riferimenti bibliografici:

Fondazione Roberto Franceschi, Alla periferia del mondo. Il popolo dei rom e dei sinti escluso dalla storia, Milano 2003.
Il libro approfondisce gli aspetti storici e sociologici del tema.Tratta ampiamente il Porrajmos e la discriminazione nel periodo fascista. Scaricabile in pdf dal sito [email protected]

La condizione giuridica di Rom e Sinti in Italia. Atti del Convegno Internazionale, Milano 2010, 2 volumi, a cura di P. Bonetti, A.Simoni, T.Vitale, Università degli studi Milano Bicocca 2011

Film:

Train de vie, 1988, di Radu Mihăileanu, su una vicenda che riguarda sia i rom sia gli ebrei

30 ottobre 2014

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