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Terre d'Islam - Storia delle rivolte arabe

docu-film e convegno sul Medio Oriente

Immagine dal documentario

Immagine dal documentario

Le rivolte arabe del 2011 raccontate dagli stessi protagonisti, i leader dei movimenti radicali, uomini politici, ministri e semplici cittadini, che parlano del mondo musulmano in diretta, senza la mediazione di esperti esterni. "Terre d'Islam - Storia delle rivolte arabe", il documentario realizzato dal regista Italo Spinelli e dall'inviato del Sole 24 Ore Alberto Negri, descrive una realtà complessa, analizzando le molte sfaccettature dell'Islam politico, divenuto un attore fondamentale nella scena mondiale.

I successi e fallimenti dei movimenti in Tunisia, Egitto, Libia e Iran sono commentati nelle interviste alternate con materiali di repertorio su un mondo ormai scomparso, provenienti dall'archivio dell'Istituto Luce-Cinecittà, che cura la distribuzione del documentario prodotto da Barter Produzioni Multimediali. 

Il docu-film di 85 minuti ripercorre la transizione dal vecchio al nuovo ordine in Egitto, dalle manifestazioni di piazza al colpo di stato che ha deposto il governo dei Fratelli Musulmani, attraverso le parole dello Sheikh Nabil Naim, fondatore della Jihad islamica in Egitto, del gran Mufti della moschea Al Azhar al Cairo, Shawki Allam, degli attivisti del movimento Rebel, che avevano portato avanti la campagna per deporre l'ex presidente egiziano Morsi, e altre personalità religiose e politiche.

Per la Tunisia interviene, tra gli altri, Rachid Ghannouchi, ideologo e fondatore del movimento Ennahda, a spiegare le motivazioni del suo gruppo, mentre per l'Iran le riprese girate a Teheran e Qom in coincidenza con l'elezione del presidente Hassan Rohani sono precedute dalle immagini delle piazze inneggianti all'Imam Khomeini durante la rivoluzione del 1979 e della rivolta dell'Onda verde nel 2009. La parte dedicata alla Libia rievoca la strage avvenuta nel1996, su ordine di Muammar Gheddafi, nel carcere di Abu Salim a Tripoli, dove almeno 1.200 prigionieri politici furono uccisi e gettati in una fossa comune, rimasta segreta per anni. Nel febbraio 2011 i familiari dei detenuti scomparsi, che per anni si erano battuti per sapere la verità, scesero in piazza a Bengasi per protestare contro l’arresto di Fathi Terbil, avvocato e attivista per i diritti umani,  dando il via alla protesta che poi investì tutto il Paese. Il documentario si chiude con le immagini di una massa oceanica di pellegrini nei luoghi santi della Mecca.

Il film, dopo l'anteprima nazionale al museo MaXXI di Roma alla fine di aprile, è stato presentato a Milano il 30 ottobre durante il convegno internazionale "Il Medio Oriente che cambia. La ristrutturazione dei rapporti internazionali. I focolai di crisi" organizzato da CIPMO, il Centro Italiano per la Pace nel Medio Oriente, per fare il punto sui conflitti (Israele-Palestina, Siria), sul ruolo che la Turchia potrebbe giocare nell'area e sul contesto macro-economico dell'area.

Tra gli intervenuti, Valeria Giannotta, Assistant Professor della University of Turkish Aeronautical Association di Ankara, ha detto che la Turchia oggi è politicamente più isolata nella regione di quanto non sia stata prima e questo denota la difficoltà del governo guidato dall'AKP di scegliere gli interlocutori. La lotta all'IS (Stato islamico) obbliga la Turchia a ricalibrare la propria azione diplomatica per tutelare sia la sicurezza interna (legata alla questione curda e al rapporto con il PKK), sia la credibilità internazionale. "Combinare l'interesse a mantenere vivo il processo di pace (con i curdi, NdR.) con una posizione defilata nella lotta all'IS sta diventando sempre più difficile" ha spiegato.

L'impatto della guerra in Siria e dell'avanzata dell'IS sulle già fragili delle economie del Medio Oriente è stato evidenziato da Heliodoro Temprano Arroyo (Capo Unità Assistenza Finanziaria per i Paesi del Vicinato, Direzione Generale Affari Economici e Finanziari della Commissione Europea). In Libano e Giordania i rifugiati siriani rappresentano quasi il 30% e il 10% delle rispettive popolazioni e se questa pressione non diminuirà sarà difficile risanare le economie e porre le basi per una ripresa economica più equilibrata, correggendo le inefficienze strutturali di un modello economico percepito come socialmente iniquo e non inclusivo, ha spiegato Arroyo commentando i dati dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Quanto ai mezzi per contrastare gli estremisti islamici, Oliver Roy (Direttore scientifico del Programma Mediterraneo al Robert Schuman Centre for Advanced Studies dell'Istituto Universitario Europeo di Firenze) non ritiene necessario l'invio di truppe da parte dell'Occidente, perchè saranno le forze locali a combattere lo Stato Islamico (IS). "Per l'IS il nemico non è l'Occidente, come era per Al Qaeda, ma la popolazione dei Paesi che vuole sottomettere. L'IS ha fatto leva sulla frustrazione delle comunità sunnite emarginate in Iraq e Siria, che vogliono la rivincita, e sul fascino che la violenza e il radicalismo esercitano sui giovani, disposti ad andare a combattere come volontari. Lo Stato Islamico è contro tutti e quindi gli altri, i moderati, dovranno reagire, l'Iran interverrà. E l'Occidente deve dare supporto agli attori locali".

Infine, rispetto al conflitto di più lunga durata in Medio Oriente, quello israelo-palestinese, l'Europa potrebbe avere un ruolo più attivo, secondo Janiki Cingoli, Direttore del CIPMO. Il disimpegno degli Stati Uniti lascia spazio a un'iniziativa europea e anche italiana per collegare il consolidamento del cessate il fuoco a Gaza alla ripresa del negoziato per la pace, agendo su più piani: valutazione dell'invio di una forza internazionale per monitorare la tregua, elaborazione di proposte intermedie come una limitazione graduale e circoscritta dei nuovi insediamenti, definizione delle componenti di una  nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu.

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