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Little Tulip, dal gulag a New York e ritorno

graphic novel di F. Boucq e J. Charyn

È uscito in questi giorni l'album a fumetti Little Tulip nato dalla collaborazione dello scrittore americano Jerome Charyn e il disegnatore francese François Boucq edito da Editions du Lombard. I due autori sono tornati a collaborare dopo un lungo periodo di lontananza reciproca.

Protagonista della storia è Pavel, colto in due momenti della sua vita, in un gulag dell'Unione Sovietica del dopoguerra a sette anni e a New York, ormai adulto sbandato al servizio di una banda giovanile come tatuatore. Pavel ha appreso l'arte del tatuaggio da un secondino del gulag che, oltre alla tecnica, gli instilla anche una filosofia di vita. Saper disegnare significa saper vedere e "chi non sa vedere si merita il mondo che gli è stato imposto". Sicché il protagonista impara ben presto che saper disegnare nelle condizioni in cui lui si trova offre la duplice opportunità di salvarsi e di testimoniare

Il protagonista viene rinchiuso nel lager coi genitori, ma ne perde le tracce in breve tempo. Quando lo ritroviamo ormai libero a New York la sua arte del tatuaggio lo aiuterà non solo a sopravvivere ma anche ad attuare la vendetta per il male sofferto anche grazie all'aiuto della banda di cui è diventato tatuatore ufficiale.  

Il racconto si snoda in un andirivieni fra il gulag del dopoguerra e la New York degli anni settanta. I tempi si mescolano e si confondono, come si mescolano e si confondono i tatuaggi incisi sui corpi dei protagonisti. Da questo punto di vista assume grande rilevanza l'affermazione di Charyn, secondo cui non solo c'è una perfetta simbiosi fra le parole e le immagini, ma attraverso le immagini si riesce a trasmettere il senso del dramma e del mescolamento degli eventi, che non sarebbe possibile trasmettere con le sole parole. 

Per di più i tatuaggi incisi da Pavel sui corpi traggono dai corpi stessi una vita che li trasformano in segni visibili o manifestazioni delle esperienze che i corpi stanno facendo. Da qui la forza di un raccontare che non è solo un rappresentare ma un  far rivivere ciò che in qualche modo si è già vissuto. Se il disegno ha più efficacia del semplice segno linguistico, il disegno tatuato dà un valore aggiunto perfino al disegno.

Nelle parole di uno degli autori, questa storia non è tanto la storia di un detenuto nel gulag quanto la storia di qualcuno che, essendo vissuto in quell'universo, è riuscito a trovare il mezzo per liberarsi. Lo spunto è stato offerto da un incontro dell'autore con i disegni di Danzig Baldaev, disegnatore che ha raccontato in immagini la vita nel gulag in cui lui svolgeva la mansione di secondino.

Si spiega quindi l'entusiasmo dello scrittore Charyn che, ben lontano dal misconoscere la funzione particolare della narrazione visiva, ne sottolinea l'importanza alla luce del valore di testimonianza che il disegno porta con sé.  

18 novembre 2014

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