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Rojava, la rivoluzione democratica

nel Kurdistan Occidentale

“Noi, popoli delle Regioni Democratiche Autonome di Afrin, Jazira e Kobanê, una confederazione di curdi, arabi, assiri, caldei, turcomanni, armeni e ceceni, in piena libertà annunciamo solennemente questa Carta, redatta secondo i principi dell'Autonomia Democratica. Con l'intento di perseguire libertà, giustizia, dignità e democrazia, e guidata dai principi di uguaglianza e tutela dell'ambiente la Carta proclama un nuovo contratto sociale, basato sulla mutua e pacifica coesistenza e comprensione tra tutti gli strati della società”. 

È il preambolo della Carta del Contratto Sociale, la Costituzione adottata il 29 gennaio 2014 nel Kurdistan Rojava o Kurdistan Occidentale (Rojava in curdo significa “occidente”), il territorio nel nord della Siria a maggioranza curda, ma abitato anche da altri gruppi etnici, nel quale è situata Kobanê, la città divenuta famosa per la tenace resistenza opposta all’avanzata dello Stato Islamico (IS), che ha conquistato parti della Siria e dell’Iraq. Kobanê, sotto assedio da ormai tre mesi, è il capoluogo di uno dei tre cantoni – Kobanê, Afrin e Jazira, che nel novembre del 2013 si sono ufficialmente costituiti come “Regioni Autonome Democratiche.

L'autoproclamata confederazione del Rojava vuole realizzare una democrazia partecipativa,  per costruire una società libera da autoritarismo, militarismo, centralismo e dall’intervento dell’autorità religiosa negli affari pubblici e dove “l’autorità è emanata dal popolo delle Regioni Autonome ed è esercitata dai consigli di governo e dalle istituzioni pubbliche elette dal voto popolare”, dichiara la Carta, adottata dai tre cantoni.

A tutti i cittadini, indipendentemente dall’etnia, dalla lingua e tradizione culturale e dal genere, sono garantiti il diritto di opinione e di espressione e la libertà di associarsi con altri, di creare e aderire a un partito politico, di ricevere e diffondere informazioni attraverso i media. La Costituzione riconosce inoltre alle donne il diritto di partecipare alla vita politica, economica, sociale e culturale, perché “uomini e donne sono eguali agli occhi della legge”, e garantisce l’effettiva realizzazione dell’uguaglianza demandando alle istituzioni pubbliche l’impegno a eliminare ogni discriminazione di genere. Ai bambini è assicurato il diritto a non subire lo sfruttamento del lavoro minorile o trattamenti degradanti e a non essere costretti al matrimonio prima della maggiore età.

La libertà di culto è prevista per tutte le confessione religiose, anche per quelle cristiane, e per gli yazidi, comunità formata da tribù di origine e lingua curda, oggetto di una feroce persecuzione da parte del Califfato islamico, è prevista una speciale tutela tramite apposite leggi. Per il Cantone di Jazira, che ha una composizione multietnica e multireligiosa più accentuata degli altri per la presenza di comunità curde, arabe, armene e yazidi, le lingue ufficiali sono curdo, arabo e siriaco, e a tutti è dato il diritto di insegnare e imparare la propria lingua nativa.

L’istituzione del Rojava come entità politica è uno degli effetti della guerra civile in Siria e della conseguente disgregazione dello Stato, che ha favorito le aspirazioni autonomistiche dei curdi, da sempre represse in Siria come nella confinante Turchia. Durante il conflitto i curdi, che avevano scelto di non schierarsi né con il governo né con i ribelli, hanno formato un corpo di autodifesa, le Unità di Difesa del Popolo (YPG), assumendo gradualmente il controllo militare del territorio abbandonato dall’esercito nazionale. Anche le donne sono scese in campo con un proprio corpo speciale le Forza di Difesa delle Donne, YPI, e alcune di loro si sono distinte nelle battaglie per respingere gli aggressori islamici a Kobanê e nelle zone limitrofe.

Parallelamente alla mobilitazione militare è maturato anche un processo politico che ha coinvolto i due maggiori schieramenti: il Partito di Unione Democratica (PYD), principale forza affiliata al PKK turco (Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan,  capeggiato da Abdullah Ocalan, che tra il 1980 e il 1998 aveva trovato rifugio in Siria per non essere arrestato dalle autorità di Ankara), e il Consiglio Nazionale Curdo (KNC), raggruppamento sostenuto dal Presidente del Kurdistan iracheno Massoud Barzani. Nella situazione caotica creata dalla guerra civile, PYD e KNC hanno accantonato le differenze ideologiche e il 12 luglio 2012 hanno firmato un accordo di cooperazione creando il Comitato Supremo Curdo, un governo ad interim per amministrare congiuntamente le province controllate, fino a quando saranno indette le prime elezioni. Una settimana dopo, i combattenti dell'YPG hanno assunto il controllo di Kobanê e di altre due città, Amuda e Afrin, segnando una svolta importante nell'azione avviata dalla comunità curda siriana per affermare la propria autonomia. Le basi teoriche di questo processo sono riconducibili alla ideologia del PKK turco, rielaborata dal leader Ocalan dopo il suo arresto nel 1999, con la rinuncia alla creazione di uno stato indipendente curdo di tipo marxista-leninista. Accantonate le istanze separatiste il PKK ha deciso di puntare invece su un modello di confederalismo democratico da realizzare nel Kurdistan: “non un apparato statale, ma il sistema democratico di un popolo senza uno Stato, che trae il proprio potere dal popolo e cerca di raggiungere l’auto-sufficienza in ogni campo compresa l'economia,” come aveva teorizzato Ocalan nella Dichiarazione del 2005. Il Rojava ha portato avanti questa “rivoluzione”, proclamando ufficialmente l'autonomia, formando il governo ad interim e adottando la Carta costituzionale.

Il Rojava, circondato da Paesi dominati da regimi autoritari e repressivi e devastati dalla guerra civile e dalle violenze jihadiste del Califfato nero, rappresenta quindi un’eccezione, un tentativo esemplare di autogoverno democratico e convivenza civile, che la storia recente del Medio Oriente non ha mai sperimentato. 

Le sue possibilità di sopravvivenza dipendono dall’esito della guerra civile in Siria. In caso di vittoria piena da parte del regime di Assad o dei suoi oppositori, ognuno di questi potrebbe cercare di ridimensionare l'autonomia conquistata dai curdi siriani, ha scritto Michael M. Gunter, professore di Scienze Politiche alla Tennessee Technological University a Cookeville, Tennessee, autore del libro “Out of nowhere – The Kurds of Syria in Peace and War”. Se invece nessuno dei due contendenti ottenesse un vittoria definitiva e la Siria si trasformasse in un insieme di staterelli di fatto, i curdi siriani potrebbero cercare di diventare uno di questi, oppure puntare ad essere annessi alla Turchia o al Kurdish Regional Government (KRG), il Kurdistan iracheno che si è conquistato l'autonomia di fatto da Baghdad. Secondo l'esperto, la sollevazione dei curdi in Siria può essere la mossa decisiva per cambiare i confini artificialmente stabiliti in Medio Oriente, dopo la Prima Guerra Mondiale, dall’Accordo franco-britannico Sykes-Picot nel 1916 e dal Trattato di Losanna, firmato nel 1923 da Gran Bretagna, Francia, Italia, Giappone, Grecia, Romania, che spartì i territori abitati dalla popolazione di etnia curda tra Turchia, Siria, Iran e Iraq. Il PYD, di gran lunga il partito curdo siriano più forte, ha proclamato l'instaurazione dell'autonomia democratica, organizzata dal basso e aperta anche ai non curdi, ma, si chiede Gunter “quanto sarebbe realistica questa soluzione”?

KOBANE

All’inizio della Prima Guerra Mondiale l’area dove sorge la città era abitata principalmente da tribù curde emigrate dal nord durante il 1800 e che avevano scacciato le tribù arabe originariamente residenti. La città moderna cominciò ad esistere intorno alla stazione costruita nel 1912 lungo la ferrovia, che nei progetti dello Stato Ottomano doveva collegare Baghdad con Berlino. Nel 1915 parte degli armeni in fuga dal genocidio messo in atto dai turchi si rifugiò qui fondando un villaggio vicino alla stazione. Anche molti dei curdi residenti erano profughi fuggiti o espulsi dalla Turchia dopo la rivolta del 1925. Con la demarcazione del confine turco lungo la ferrovia nel 1921, parte della città si ritrovò al di là della linea e fu inglobata nella città turca di Suruç. Alla metà 20simo secolo Kobanê aveva tre chiese e due scuole armene, ma buona parte della popolazione armena ha lasciato la città per emigrare in Unione Sovietica negli anni ’60.

Dal 19 luglio 2012 la città è sotto il controllo delle Unità di Difesa Popolare (YPG) e dal luglio 2014 è oggetto di un pesante attacco da parte dei guerriglieri dello Stato Islamico, che la stanno assediando da settembre.

La popolazione (44.821 abitanti in base al censimento del 2004, in prevalenza curdi con un 5% di arabi e turcomanni e 1% di armeni secondo stime del 2013) è in gran parte fuggita con l’avanzata dell’IS, che ha occupato oltre un centinaio di villaggi curdi. Circa 200.000 profughi del cantone di Kobane hanno cercato riparo in Turchia.

Secondo la testimonianza di Ersin Çaksu, del giornale online Ozgur Gundem, uno dei pochi giornalisti che quotidianamente riferiscono dalla città assediata, “a Kobanê e nei 360 villaggi circostanti (dove vivevano circa 400.000 persone) ora sono rimaste solo 4.000 persone nelle zone sicure del centro cittadino. Altri 5.000 civili vivono a Til Sheir, un villaggio a est di Kobanê. La zona è fittamente minata e si trova tra il filo spinato lungo il confine con la Turchia e una via ferroviaria...."

All'esperienza del Rojava la BBC ha dedicato un documentario "Rojava: Syria's Secret Revolution" prodotto da Darius Bazargan e diretto da Mehran Bozorgnia per il programma "Our World". Uno sguardo sui principi fondamentali della Rivoluzione del Rojava e sul modello di sistema democratico instaurato.

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