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Turchia: arresti di giornalisti "oppositori"

Erdogan respinge le critiche UE

La polizia turca ha effettuato una serie di arresti nei confronti di giornalisti e di due ex capi della polizia ritenuti legati al predicatore musulmano moderato Fetullah Gülen, dal 1999 in esilio volontario negli Stati Uniti e accusato dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan di aver creato in Turchia un'organizzazione parallela finalizzata a compiere attività sovversive. La retata, effettuata in 13 province, ha portato in carcere almeno 27 persone (ma i mandati di cattura sarebbero 32) tra cui giornalisti famosi, come Ekrem Dumanlı, direttore del quotidiano Zaman, uno dei giornali più letti nel Paese, e Hidayet Karaca, direttore del gruppo televisivo Samanyolu, entrambi considerati vicini a Gülen, che dallo scorso dicembre è nel mirino del governo. Il governo ha attribuito al movimento di Gülen (Hizmet) un piano per compiere un colpo di stato attraverso la grande inchiesta sulla corruzione, che nel dicembre 2013 aveva coinvolto ex ministri e loro familiari e alti funzionari dello stato. A condurre l'indagine erano stati poliziotti, magistrati e giornalisti "manovrati" da Gülen, secondo Erdogan.

L'arresto di Dumanli è stato trasmesso in diretta dalle televisioni turche, mentre fuori dalla sede di Zaman era riunita una folla di circa 500 persone, richiamate dalle voci del fermo nei confronti del direttore diffuse nei giorni precedenti e che protestavano in difesa della libertà di espressione dei media.

I provvedimenti delle autorità turche sono stati condannati dall'Unione europea e dal Dipartimento di Stato Usa come attentati alla libertà di stampa, in violazione dei fondamenti democratici del Paese. Alle critiche dell’Unione europea per gli arresti dei giornalisti Erdogan ha replicato seccamente, esortando l’Ue ad "occuparsi dei fatti propri". Bruxelles "non interferisca con le misure intraprese e con lo stato di diritto contro elementi che minacciano la nostra sicurezza", ha ammonito.

La Turchia è al 154simo posto (su 180) nella classifica 2014 dei paesi in base alla libertà di stampa, redatta dall'organizzazione "Reporter senza Frontiere", dietro a Afghanistan, Libia e Iraq. 

Questi fatti dimostrano che Erdogan è "ormai soltato signore e padrone", ha detto Antonio Ferrari, editorialista del Corriere della Sera in un'analisi a commento degli arresti. "La retata è l'evidente risposta all'inchiesta che esplose esattamente un anno fa sulla tangentopoll turca, che vide coinvolti tre ministri e il figlio dello stesso Erdogan. E dimostra che il presidente non ha alcuna intenzione di diventare il padre della patria. Ormai sembra rappresentare solo una parte: quella che lo riconosce come signore e padrone".

Un giudizio molto duro sul presidente turco era stato espresso anche da Baskin Oran, Professore di Relazioni Internazionali nella Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Ankara, in una recente intervista a Gariwo precedente a questi ultimi eventi. "L'AKP è stato distrutto da Erdogan, il suo leader. Un personaggio che non ha logica, non ha buone maniere, non ha freni, non ha piano di uscita, niente di niente: dice che le donne non possono essere uguali agli uomini, la sua polizia usa gas lacrimogeni e cannoni ad acqua contro sit-in del tutto pacifici, gli amministratori municipali del suo partito dichiarano che le case degli studenti dovrebbe essere sgomberate. Una persona affetta da grave arroganza, mitomania e megalomania, tra altre cose. Ma c’è un altro fatto, per il momento non ha rivali. Dobbiamo aspettare che distrugga se stesso, e preghiamo che non distrugga anche il Paese".

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