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"Se fossi un palestinese imparerei da Ben-Gurion"

lo storico Sternhell sui negoziati in Medio Oriente

Lo storico israeliano Zeev Sternhell interviene su Haaretz del 2 gennaio 2015 per ricordare la statura politica di David Ben-Gurion, fondatore dello Stato di Israele. L'intellettuale, che ha subito pesanti intimidazioni da parte di coloni israeliani estremisti, offre ironici suggerimenti a un ipotetico negoziatore palestinese, e così facendo esprime la sua delusione nei confronti degli attuali leader del suo Paese, incapaci secondo lui di "visione a lungo termine".  

Se fossi un palestinese

imparerei una lezione da David Ben-Gurion: prendi qualsiasi cosa ti offrano e assicurati sempre il supporto di una potenza mondiale

di Zeev Sternhell | 2 gennaio 2015 | 2:22 AM

Se fossi un palestinese cercherei di imparare dagli ebrei - prima di tutto dai loro più grandi successi. Quale principio guidò David Ben-Gurion fin dall’inizio? Prendi qualunque cosa ti offrano. Ben-Gurion accettò la proposta di spartizione della Commissione Peel nel 1937 e il piano di spartizione adottato dall’Assemblea Generale dell’ONU il 29 novembre 1947 perché era convinto che qualcosa sia sempre preferibile a niente. Egli voleva ottenere uno spazio di manovra negoziale e una base territoriale sulla quale stabilire uno Stato indipendente e ottenere riconoscimento dall’estero.

In secondo luogo cercherei di rispondere affermativamente e senza esitazioni a due principali richieste incondizionate avanzate dagli ebrei, perché si tratta di concessioni dal mero valore simbolico e prive di sostanza. Acconsentirei istantaneamente alla richiesta di Benjamin Netanyahu di riconoscere Israele quale Stato nazione del popolo ebraico. Questo infatti non è un affare che rivesta un qualche significato per i palestinesi: è una vicenda interna israeliana e, se Israele insiste nell’eliminare la democrazia e l’eguaglianza in casa sua, perché dovremmo preoccuparci?

È vero che tale misura lederebbe i diritti degli arabi israeliani, sottomettendo il concetto di cittadinanza alla nazionalità ebraica, ma i palestinesi potrebbero beneficiare della formazione di tale ineguaglianza costituzionale, con il suo puzzo di apartheid, perché porterà tutto il mondo occidentale a schierarsi contro Israele. Allo stesso tempo, il centro liberale di Israele e la sua sinistra condurranno una campagna contro qualsiasi governo che sposi simili politiche. Inoltre, tra la vecchia Linea Verde (i confini del 1967) e il mare, il 20% della popolazione è araba. Quella gente saprà come difendersi.

Contemporaneamente, se fossi palestinese dichiarerei ad alta voce di rinunciare al diritto di ritorno dei profughi palestinesi, perché soltanto un illuso può credere realmente che un giorno farà ritorno a Haifa, Ramla o Tiberiade. Quale persona razionale esiterebbe a garantire agli ebrei un po’ d’aria fritta in cambio della rimozione dell’ultimo ostacolo che rimane sulla via della ripresa dei negoziati per stabilire uno Stato palestinese: gli insediamenti e i confini definitivi?

Io sottolineerei che non ho rivendicazioni sulle terre perse nella nostra Nakba, la catastrofe che ci ha colpiti con la Guerra di Indipendenza degli ebrei, perché non c’è alcuna possibilità nemmeno di reclamare quelle terre. In questo modo contribuirei ad affermare con certezza in Israele e nell’opinione pubblica mondiale la nozione che la Linea Verde è il confine su cui sono d’accordo tutti i palestinesi, tutto il mondo, la maggior parte degli ebrei del pianeta e la più parte degli israeliani. Soltanto una piccola minoranza rumorosa e violenta in Israele sta tenendo noi palestinesi per la gola, e parallelamente sta asfissiando la società israeliana nel tentativo di convincere tutti che stiamo ancora combattendo le battaglie degli anni ’40.

Quando i palestinesi sognano di villaggi che non esistono più, stanno solamente cercando di convincere se stessi che le loro vite valgono ancora qualcosa. Se sarà loro data una possibilità di vivere delle vite con un senso, questi miti si dissiperanno.

La terza lezione che apprenderei da Ben-Gurion è di assicurarmi sempre il supporto di una potenza mondiale. A questo punto gli Stati Uniti, a parte i loro campus universitari, sono perduti per i palestinesi – gli ebrei di destra hanno troppi soldi e influenza da quelle parti.

Tuttavia si è aperta una reale opportunità in Europa. È interessante notare che l’ostilità verso gli arabi e l’islam in questo continente non porta automaticamente acqua al mulino della destra israeliana, e i parlamenti europei lo stanno dimostrando ogni settimana. La dominazione “coloniale” di Israele è sempre più detestata in Europa. La destra israeliana ignora questo fatto, creando un’opportunità per i palestinesi che adottino una politica razionale, moderata ma rigorosa, a sostegno della formazione dello Stato palestinese, proprio come gli ebrei avevano fatto in precedenza, quando erano ancora sensibili e avevano leader capaci di una visione a lungo termine.

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