Nato Barabinsk, nella regione di Novosibirsk, da genitori che lavoravano nelle ferrovie. Marčenko cominciò a lavorare giovanissimo come trivellatore in gruppi di prospezione e torri petrolifere. Nel 1958 venne arrestato con un'accusa rivelatasi infondata, ma quando l'errore venne riconosciuto, il giovane era già fuggito dal campo di lavoro forzato. Visse errabondo per un anno, tentò di espatriare: venne catturato e condannato a sei anni di lager per "tradimento della Patria". Al termine della prigionia, nel 1966, Marčenko non era più un operaio confusamente ribelle contro un mondo ingiusto, ma un combattente per i diritti umani, cosciente e informato, che decise di rendere pubblica la sua testimonianza. E proprio così intitola il libro che fu pubblicato clandestinamente: La mia testimonianza (1967), in cui, accanto alla dimostrazione sconvolgente che il Gulag continuava a esistere, avanzava la richiesta agli ambienti intellettuali e dell'informazione di aiutare i detenuti politici.
Nel 1976 fu uno dei fondatori del “Gruppo Helsinki” di Mosca. Tra il 1968 e il 1978 Marchenko collezionò battaglie e condanne, fino all'ultima: 10 anni di lager a regime duro e 5 di confino. Nell'agosto 1986 iniziò uno sciopero della fame per la liberazione dei prigionieri politici e in dicembre, all’età di 48 anni, morì in circostanze mai chiarite nell’ospedale della prigione di Christopol. Le proteste internazionali per la sua scomparsa furono il motivo principale che convinse, nel 1987, il nuovo segretario generale del PCUS, Michail Sergeevič Gorbačëv, a promulgare una vasta amnistia dei prigionieri politici.