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Edmondo Peluso

partigiano e antifascista, arrestato in Urss

Edmondo Peluso

Edmondo Peluso

Nato a Napoli nel 1882, si trasferisce ancora bambino con la famiglia prima in Spagna, poi negli Stati Uniti e in seguito in molti altri paesi, spinto dalla militanza politica. Aderisce al Partito Comunista d'Italia fin dalla sua fondazione nel 1921, dopo essersi già iscritto ai vari partiti operai di ogni parte del mondo (Francia, Usa, Spagna, Portogallo, Austria, Svizzera, Germania). Diventa membro del Partito comunista bolscevico in Russia nel 1927, quando vi si trasferisce definitivamente e riceve nel 1928 la tessera onoraria di membro dello stesso partito dal 1915, anno in cui era stato arrestato per opposizione alla prima guerra mondiale. Riveste in quegli anni importanti incarichi anche nel Komintern ed è citato da Lenin, che apprezza i suoi scritti. Viene arrestato varie volte, sia in Italia che all'estero, incarcerato e picchiato. Lavora come giornalista nelle redazioni degli organi di stampa di orientamento socialista di tutto il mondo e si adatta, nelle sue peregrinazioni, ai lavori più impensati, anche umili e pesanti, da fuochista a tipografo, stenografo, impiegato di banca. Conosce perfettamente molte lingue, francese, inglese, tedesco, spagnolo, russo, oltre l'italiano. Scrive diverse opere sulla rivoluzione socialista e un libro autobiografico Il cittadino del mondo, di cui è molto fiero. In Urss insegna italiano e storia del movimento operaio nelle scuole di Mosca e nei circoli degli emigrati politici.

Il 26 aprile 1938 viene arrestato dal Nkvd e rinchiuso nel carcere di Lefortovo, da cui sarà trasferito in quello di Butyrskaja. Viene interrogato per cinque mesi senza esito, finché cede alle torture e confessa di essere una spia e un controrivoluzionario, riuscendo tuttavia a non coinvolgere nessun altro nelle sue deposizioni: fa soltanto i nomi di persone che sa al sicuro all'estero o già arrestati e spariti nel nulla. Appena riprende le forze ritratta tutto ciò che ha dichiarato denunciando le percosse e i maltrattamenti subiti, fino al processo, iniziato il 16 novembre 1939, in cui si dichiara innocente e chiede giustizia. Dopo un supplemento di istruttoria, resasi necessaria per l'abilità e la determinazione con cui l'imputato ha saputo difendersi, il 14 maggio 1940 Peluso viene condannato per spionaggio a cinque anni di deportazione (senza detenzione) nella regione di Krasnojarsk, in Siberia. Nel giugno 1941 viene nuovamente arrestato e sottoposto a estenuanti interrogatori per tutto il mese di luglio. Il giudice istruttore tenta inutilmente di strappargli una confessione e di costringerlo alla delazione, dopo avergli mostrato i verbali di interrogatorio dei compagni di deportazione che hanno deposto contro di lui.

Nel mese di agosto le condizioni di salute di Peluso, già precarie, si aggravano, secondo il rapporto del medico del carcere, che tuttavia ne autorizza il ritorno al lavoro. Il 31 gennaio 1942 viene condannato dalla Commissione speciale dell'Nkvd alla pena di morte, eseguita mediante fucilazione, per propaganda antisovietica, con un semplice atto amministrativo senza processo. Il 7 luglio 1956 il Collegio militare del Tribunale supremo dell'Urss ne decreta la riabilitazione, perché "condannato senza fondamento".

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