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Karen Jeppe (1876 - 1935)

ha salvato i perseguitati armeni nascondendoli, distribuendo acqua per le carovane e vestendo con abiti curdi e arabi i deportati

Karen Jeppe nasce nel 1876 a Gylling, in Danimarca.
Il padre, professore, che ha studiato in Inghilterra, progetta lo stesso iter di formazione per la figlia Karen che all'età di 13 anni è inviata dai parenti ad Als per apprendere la lingua tedesca e nel 1893, a 17 anni, iscritta all'Ordrup Grammar School. Qui incontra H.C. Frederiksen, del quale diviene una sorta di figlia adottiva. Suo padre desidera che Karen segua gli studi di medicina, ma Karen ama la matematica, uno studio che si rivelerà essere troppo duro per lei facendola ammalare per due anni. Diventa così insegnante nella scuola di Friser.

Nel 1902 Friser legge un resoconto sulle persecuzioni degli armeni scritto da Aage Meyer Benedictsen. Benedictsen era stato uno dei primi campioni dei Diritti Umani, un uomo di pace, un filologo che aveva studiato anche l’armeno, anticolonialista. Aveva visitato l'orfanatrofio della "German Orient Mission" di Urfa diretto da Johannes Lepsius, dove erano ospitati gli scampati ai massacri hamidiani del 1894-96. Al ritorno in Danimarca Benedictsen aveva fondato l'"Associazione Amici Danesi degli Armeni". Karen Jeppe continua a pensare agli orfani abbandonati nelle strade e nel 1903 contatta Benedictsen, da cui viene a sapere che Lepsius sta cercando un insegnante per il suo orfanotrofio. Questa notizia la spinge a partire subito da Berlino, insieme al diacono svizzero Jakob Kunster, via Italia, Istanbul, Alessandretta (Iskenderun) per arrivare a Mersin e proseguire con il treno fino ad Adana. Da qui, in sella ad un asino, protetti da soldati, arrivano a Urfa (50.000 abitanti) dove sono accolti da una folla di centinaia di persone. Prima di iniziare a lavorare Karen studia per un anno intero l'armeno, l'arabo e il turco. Introduce un nuovo metodo di studio con suoni e immagini, che consente agli allievi di imparare le lingue nel giro di un anno, poi copiato dagli altri insegnanti. Aveva imparato questo metodo da Pristine Frederiksen, sua insegnante alla Ordrup Grammar School. Karen ha un formidabile talento organizzativo, pensa che per educare bisogna lavorare e così organizza centri di lavoro (seta, uncinetto, maglia) con produzione di ricami armeni, divenuti poi famosi nel mondo. Nel 1908 la Jeppe ritorna in Danimarca per diffondere ciò che si faceva in Armenia. Nello stesso anno ritorna per comperare un pezzo di terra in montagna dove dà lavoro ai contadini armeni impiantando vitigni. Abita in tenda, lontano dalla missione, e diventa amica dei curdi e degli arabi locali. Adotta un bambino, Missak, un orfano che l'aiuta nel suo lavoro, e un'orfana, Lucia, che più tardi sposerà Missak. Tutto sembra andare per il meglio, l'agricoltura fiorisce, ma i giorni felici finiscono con la Prima guerra mondiale, quando comincia il genocidio. La Jeppe nasconde gli scampati in cantina, organizza la distribuzione di acqua per le carovane, veste con abiti curdi e arabi i deportati. Resta a Urfa per tutto il tempo della guerra, fino al 1918, quando si ammala "di nervi" e ritorna in Danimarca, dove si ferma 3 anni senza riuscire a recuperare le forze. "Qualcosa è morto in me", dice. 

Nel 1921 ritorna ad Aleppo a vedere il "suo popolo". Missak e Lucia l’accolgono e Karen diventa "la ragazza di Urfa". Ad Aleppo costruisce un ambulatorio, una casa dei fanciulli, una fabbrica di vestiti per i sopravvissuti. Invia in Danimarca i pezzi ricamati e ne ricava denaro per le sue attività. Nel 1922 una nuova ondata di rifugiati dalla Cilicia, abbandonata dai francesi, rende la situazione ancora più drammatica. Henni Forchhammer, la delegata danese del "Comitato per la liberazione delle donne e degli orfani armeni" della Lega delle Nazioni, chiede a Karen, che conosce le lingue del luogo, di far parte della Commissione. Quando la Lega delle Nazioni invia i fondi necessari per liberare i giovani schiavi cristiani e le fanciulle armene degli harem, la Jeppe inizia a lavorare anche su questo fronte e si lamenta del poco denaro a disposizione. Nel 1923 crea delle "stazioni di ricerca" e delle "stazioni di soccorso", riuscendo a salvare con la sua organizzazione ben duemila tra donne e bambini e a riunire l'80% delle famiglie, le cui donne erano state deportate e, alle volte, comperate ed inviate ad Aleppo. Nel 1925 riceve il sostegno di due danesi, Jensen e Bjerre. Venuta in contatto con uno sceicco beduino, Hadjim Pasha, del quale diventa buona amica, prende in affitto parte della sua terra e vi insedia una piccola colonia armena di contadini, dove costruisce anche una piccola casa per sé. Fonda sei piccoli villaggi fuori Aleppo, come Tel Armen e Tel Samen. Nel 1926 riceve la visita di Henni Forchhammer dalla Danimarca. La sua salute peggiora e Karen si reca per l'ultima volta in Danimarca nel 1933. Nel 1935 si rifugia nella sua casa bianca all'interno della colonia, dove muore per un attacco di malaria il 7 luglio 1935, all’età di 59 anni. Viene sepolta ad Aleppo nel cimitero armeno. 

Gli armeni la considerano il loro angelo custode.
Pur lavorando nella Missione Tedesca, non ha mai fatto proselitismo: sapeva che gli armeni non avevano bisogno di convertirsi, ma di aiuto. Ha cercato di stabilire buone relazioni fra beduini e contadini armeni; è stata una "filosofa della liberazione", impegnata con tutte le sue forze per creare delle possibilità di sopravvivenza a un popolo senza patria. La sua terra tombale è stata tumulata a Yerevan nel Muro della Memoria di Dzidzernagapert il 29 aprile 2007.

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