"Uno dei modi migliori per tentare di rendere onore a padre Pavel A. Florenskij a settant’anni dalla tragica morte, avvenuta con spietata ferocia nei pressi di Leningrado, nella notte dell’otto dicembre del 1937, dopo cinque anni di violenze e oltraggi subiti nel gulag delle isole Solovki, è certamente il dono della memoria. Una memoria che si fa arte per risvegliare la coscienza assopita e distratta sugli orrori che hanno insanguinato il secolo appena trascorso. Come egli stesso ebbe ad affermare in uno dei suoi capolavori, la memoria «è la creazione nel tempo dei simboli dell’eternità» , una particolare funzione conoscitiva della ragione, un’attività del pensiero che custodisce l’eternità nella lingua del tempo. Di questi simboli-creazione è sapientemente intessuto il testo teatrale che Marina Argenziano ha dedicato a quei terribili anni di reclusione di padre Florenskij. Testo in due atti pazientemente ricavato dalla scrupolosa ricerca delle fonti documentarie e testimoniali riguardanti gli ultimi anni del grande genio del pensiero russo del XX secolo, oggi riscoperto in gran parte d’Europa dopo oltre quarant’anni di assoluto oblio.
Sulle tracce di queste fonti, accuratamente scelte tra i cumuli di macerie e rovine abbandonate dalla recente storia sovietica e sulla scia soprattutto delle struggenti lettere che Florenskij scrisse dal gulag ai suoi cari, l’autrice ricostruisce con vivida freschezza e drammatica intensità alcuni dei tratti salienti di quella terribile vicenda umana e spirituale.....".