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L'ambiguità del bene. Il caso del nazista pentito Kurt Gerstein

di Saul Friedlander Introduzione di Gabriele Nissim, Bruno Mondadori, Milano, 2006

"Il grande successo popolare di opere cinematografiche come Schindler's List
di Steven Spielberg, e di recente in Italia del film televisivo su Franco
Perlasca, ha mostrato come da parte del pubblico ci sia una crescente
sensibilità verso queste problematiche.
Del resto, hanno avuto successo, non solo in Italia, alcuni libri dedicati a
figure esemplari come Jan Karski, Raul Wallemberg, Paul Grueninger, Sempo
Sugihara, Dimitar Peshev, riferimenti pregnanti della resistenza contro la
persecuzione degli ebrei.
Quando Saul Friedlander ha presentato la sua ricerca sulla figura complessa
e problematica di Kurt Gerstein, non esisteva ancora questa attenzione.
Eppure il suo libro è di straordinaria attualità, non soltanto perché racconta
l’unico caso a nostra conoscenza di un funzionario all’interno
dell'organizzazione dello sterminio nazista che abbia avuto il coraggio di
denunciare al mondo il meccanismo infernale delle camere a gas, ma anche
per i complessi problemi di valutazione morale che la sua personalità
comporta.
La vicenda di Gerstein non è quella di un eroe limpido, che abbia tracciato
una demarcazione netta tra sé e i crimini del regime nazista, ma piuttosto
quella di un uomo che se pure ha cercato di opporre resistenza nel
disgraziato lavoro che si era ritrovato a svolgere, non si è mai risolto a
compiere una scelta radicale e definitiva. Almeno è cosi che ci appare; e la
sua ambiguità ci provoca un certo turbamento.
Gerstein infatti, pur essendo stato un oppositore della politica religiosa
nazista, aveva volontariamente aderito alle SS e aveva creduto con
convinzione alla politica nazionalistica di Hitler. E quando aveva scoperto
l’uso a cui era destinato lo Zyklon B, il gas che mandava ad Auschwitz e agli
altri lager, aveva sì cercato di far circolare le informazioni tra gli
ambasciatori e i rappresentanti della chiesa - aveva anche tentato di
distruggere alcune partite dell'acido prima che fossero inoltrate - ma fino
alla fine della guerra non scelse di abbandonare il suo terribile lavoro, pur
sapendo perfettamente che centinaia di migliaia di persone continuavano a
morire .
Un personaggio del genere può essere definito un giusto tra le nazioni -
secondo la nota definizione di Yad Vashem - oppure è da considerarsi una
figura troppo ambigua, incapace di prendere le distanze dal male in cui si
era ritrovato ad agire? ......".

Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

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