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Il guardiano. Marek Edelman racconta

di Rudi Assuntino, Wlodek Goldkorn Sellerio, Palermo, 1998

Il guardiano è il racconto in prima persona di un'esistenza che ha segnato la storia del ventesimo secolo. Marek Edelman è stato una delle personalità di spicco della resistenza polacca, comandante durante la rivolta del Ghetto di Varsavia nel 1943, imprigionato dal generale Jaruzelski in seguito al golpe del 1981, leader di Solidarność in clandestinità, ha partecipato nel 1989 ai negoziati per la Tavola Rotonda che hanno segnato il passaggio alla democrazia. Questo libro raccoglie i suoi ricordi e traccia vivi ritratti delle figure che hanno condiviso assieme a lui la battaglia per la democrazia. Edelman nasce da una famiglia di attivisti del Bund, il partito socialista ebraico, perde entrambi i genitori quando è ancora molto giovane, la sua famiglia diventa il partito, che lo accoglie e lo cresce a Varsavia, dove nel 1940 assiste alla nascita del Ghetto come luogo chiuso ermeticamente dai nazisti dopo l'occupazione del Paese. il suo viaggio nella memoria riporta alla luce numerose tra le più significative pagine della storia polacca. Durante la celebre insurrezione dell'aprile ‘43 Edelman ha poco più di 20 anni ed è vicecomandante della Zob, l’organizzazione a capo della rivolta del Ghetto. Dopo una strenua resistenza all'assedio tedesco, in cui si distingue per coraggio e determinazione, riesce a fuggire con altri combattenti attraverso le fognature e si unisce ai partigiani polacchi, con cui, nell’agosto 1944, combatte nell'insurrezione della città guidata dall'Armia Krajowa. Marek racconta gli episodi di battaglia malvolentieri: "Non è importante chi e dove ha sparato, come e dove è saltato. La mia non è una testimonianza sulla bravura militare […]. La mia è una testimonianza sui valori, sugli uomini e le donne, sull'amore e la politica, sui legami fraterni." Dopo la fine della guerra Edelman si ritira a vita privata e lavora come cardiologo, dopo aver concluso gli studi in medicina. Nel 1980, quando nasce Solidarność, diventa uno dei suoi leader, viene arrestato e poi rilasciato per le proteste dell’opinione pubblica mondiale. Durante l’assedio serbo, negli anni novanta, si schiera a fianco della popolazione di Sarajevo e diviene un simbolo e un punto di riferimento morale per tutti i giovani polacchi.
Nel racconto ripercorre le tappe della sua esistenza, le ultime pagine sono uno spazio dedicato alla riflessione: "Mi chiedete qual è la cosa più importante della vita. Ma è la vita stessa. E quando c'è la vita, la cosa più importante è la libertà. Dopo di che si sacrifica la vita per la libertà. E allora non si sa più qual è la cosa più importante. In ogni caso per me l'importante è rimanere qui, in Polonia, a custodire le tombe del mio popolo [...]. Dalla Seconda guerra mondiale l'umanità non ha tratto alcun insegnamento. La persona umana racchiude in sé l'elemento del male. Noi pensavamo che finita la guerra sarebbe prevalso il bene, che dopo tutte queste persecuzioni, assassinii, terrore, avrebbe regnato l'amore”.

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