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Il dolore estremo. Il trauma da Freud alla Shoah

di Clara Mucci Borla, Roma, 2008

"È possibile storicizzare un trauma, attuare una ricostruzione storica di un’esperienza traumatica nei suoi dettagli ? Questo il quesito a cui cerca di dare una risposta il libro [...] di Clara Mucci, professoressa ordinaria di Letteratura inglese e Storia del Teatro Inglese presso l’università di Chieti, dove insegna anche nei corsi di Psicologia Clinica [...].
Partendo da un approfondimento su Freud, l’autrice delinea i tratti specifici della sindrome post-traumatica da stress e di altri disturbi psicotici riscontrabili non solo nei testimoni diretti, ma anche nei soggetti di seconda e terza generazione, eredi di un conflitto traumatico trasmesso".

"Clara Mucci [...] ha postulato la necessità di una comunità di testimonianza che si stringa intorno ai sopravvissuti, partendo proprio dal valore etico che la psicoanalisi può assumere per la comunità stessa nella ricostruzione di una possibile verità storica, una realtà definita e oggettiva dietro l’inevitabile combinazione di realtà e fantasia. Attraverso la visione analitica del trauma è quindi possibile ricostruire man mano la relazione complessa tra la realtà esterna dell’olocausto e la realtà intrapsichica delle vittime non sempre completamente attendibile.
Il trauma infatti si struttura ed emerge secondo due fasi: la prima descrive l’impatto della situazione traumatica sull’apparato psichico e la seconda fase rappresenta la rielaborazione conscia e inconscia della situazione con la sovrapposizione delle esperienze successive. L’isolamento psichico e sociale sperimentato dai sopravvissuti alla Shoah, insieme alla difficoltà di scendere a patti con un dolore inconcepibile, ha portato la psicanalisi verso un vicolo cieco, con testimonianze da parte delle vittime di prima generazione spesso confuse e contrastanti, mancanti di un qualsivoglia confronto con l’esame di realtà. Addirittura nelle vittime considerate più lucide vi era, a detta di Elie Wiesel, il terrore che se avessero raccontato la loro verità probabilmente non sarebbero stati creduti.
Negli anni successivi alla tragedia si sono moltiplicati i gruppi di studio in merito a questa problematica, la maggior parte dei quali hanno conseguito risultati fallimentari. Maggior fortuna ebbero gli studi clinici sulle seconde e terze generazioni, che hanno avuto luogo dal 1974 in poi a New York grazie a gruppi di sostegno sorti sia negli Stati uniti che in Israele.
Tali studi danno l’idea dell’entità del trauma causato dalla Shoah: sebbene la prima generazione fosse quella che aveva vissuto in prima persona l’olocausto, solo dalla seconda si è riusciti a ricostruire l’esperienza a partire dall’elaborazione del trauma stesso. I campi di sterminio erano stati talmente efficienti nello spogliare gli individui dell’anima e del corpo, da annichilire nelle vittime stesse la capacità di simbolizzazione e di scissione tra realtà interna e realtà esterna, lasciandole incapaci di raccontare la loro esperienza e di elaborarne il lutto. La psicanalisi fornisce forse l’unico porto sicuro dove la vittima può rivivere l’indicibile e trasformarlo in un’esperienza di vita da poter tramandare e analizzare alla uce delle verità storiche".



di Michael Callimani su Moked

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