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"La risoluzione ONU è in colpevole ritardo"

intervista ad Antonio Ferrari

L'editorialista del Corriere della Sera riflette sulla Libia a poche ore dalla risoluzione ONU che stabilisce la no fly zone.

Un commento sulla situazione nel Paese: è stata approvata la risoluzione dell’Onu ma sembra che gli scontri non siano terminati.

Gheddafi continua a fare quello che ha sempre fatto: provocare e poi fare marcia indietro quando le cose non vanno secondo i suoi desiderata. Non credo che oggi possa permettersi di ignorare la risoluzione dell’ONU, di cui anche la Libia fa parte. Avrà poi davvero intenzione di essere obbediente e rispettoso? La storia ci invita a essere dubbiosi perché Gheddafi ha fama di essere un grande bugiardo.
I bombardamenti a quanto pare stanno continuando, poi vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni. Credo che nella risoluzione ONU ci sia un passaggio che per Gheddafi è assai più minaccioso di quello della no-fly zone che è già stata sperimentata in passato: nella guerra in Kosovo, in Iraq e in altri contesti. Oggi la comunità internazionale interviene con una colpevole ritardo di molte settimane. Seppur con questa lentezza la risoluzione dell’ ONU sancisce un principio fondamentale che va al di là della no fly zone quando impone di utilizzare “ogni mezzo” per impedire che sia messa in pericolo la popolazione. Si escludono interventi da terra ma questo passaggio indica che la popolazione della Cirenaica e di Bengasi almeno in teoria è libera e viene sottratta alle angherie del Colonello.
In prospettiva potrebbe portare alla fine di una Libia unita e alla creazione di due Stati: uno attorno a Tripoli e l’altro che comprende Bengasi e le zone della rivolta.

Quale sarà il futuro per l’Italia? È stata minacciata da Gheddafi e ha una dipendenza energetica dal Paese.

Le minacce di Gheddafi lasciano il tempo che trovano: non è la prima volta che il leader lancia degli avvertimenti all’Italia con cui ha un rapporto molto particolare, non soltanto per la nostra dipendenza energetica. È chiaro che comprare il petrolio quasi a km zero per noi è un vantaggio e il greggio libico è di buona qualità, ma è anche vero che la Libia ha una fitta ragnatela di interessi nel nostro Paese. Consideriamo soltanto le partecipazioni libiche in molte imprese italiane importanti: Gheddafi in un momento di difficoltà intervenne a sostegno della Fiat e oggi ha partecipazioni in questa azienda, in Unicredit, in Mediobanca e in Impregilo. Non dimentichiamo che l’energia si può anche comprare altrove, ci sono Paesi disponibili ad aumentare la produzione ed è venuta a mancare la domanda della terza economia mondiale, quella del Giappone, a causa dalla crisi che sta vivendo. Io penso agli interessi che la Libia ha costruito nel nostro Paese.
C’è da sperare che anche nel caso di un’eventuale divisione del Paese la Libia continui a mantenere le stesse assicurazioni, gli stessi contratti, gli stessi impegni finanziari, magari non attraverso un unico referente ma con diversi punti di riferimento.

Il Presidente Napolitano ha dichiarato che ci saranno tempi difficili. Che atteggiamento avrà il nostro Governo nei confronti della Libia?

Abbiamo chiuso la nostra ambasciata a Tripoli - lo ha annunciato il Ministro degli Esteri Frattini. Questo è molto importante, poichè con la Libia abbiamo sempre avuto dei legami molto forti e non solo a causa della nostra occupazione del Paese: pensiamo ad esempio alla strategia di Enrico Mattei con l’Eni. Mattei sfidò le “Sette sorelle”, le grandi compagnie petrolifere, cercando uno spazio per l’Italia: la Libia era uno dei Paesi arabi punto di riferimento dell’Eni. Graziani inviato dal duce a sedare la rivolta contro i Senussi, la tribù più importante della Libia, commesse delle atrocità e la richiesta di scuse della Libia era assolutamente legittima. Ricordo la prima visita in Libia che feci tanti anni fa. I funzionari di Gheddafi ci portarono in giro per le campagne, a parlare con la gente dicendo: “il rancore per gli italiani qui è molto alto”, ma in realtà incontrai tanti che senza nemmeno troppa prudenza mi dicevano: “siamo tutti soldatini di Benito Mussolini”. Questi episodi mi lasciarono un pochino interdetto non soltanto per il fatto in sè - l'Italia ha lasciato delle eredità positive: le infrastrutture, le strade, le scuole... - ma perché contraddicevano quanto volevano provare gli uomini del Colonnello. Noi facemmo la campagna di Libia e facemmo quella di Turchia. Abbiamo chiuso l’Ambasciata in Libia - il cordone ombelicale tra i nostri due Paesi - chiedendo alla Turchia di rappresentarci come sede diplomatica in nostra vece.

Quali saranno le conseguenze di questa situazione nel mondo arabo?

Devo dire chiaramente che abbiamo avuto una risoluzione dell’ONU in colpevole ritardo. L’istituzione che si è battuta da subito per chiedere la no-fly zone non è stata un’istituzione occidentale ma è stata la Lega araba: i fratelli arabi di Gheddafi sono stati i primi a chiedere la no-fly zone che significa in teoria lo stato di guerra. Molti ne avevano parlato, pochi la volevano.
È vero che non ci sono stati oppositori alla risoluzione dell’ONU che prevede una no-fly zone, ma ci sono stati molti astenuti: la Cina e la Russia, l’India - un altro Paese emergente, speranzoso di utilizzare il petrolio libico, la Turchia - che ha sempre avuto un atteggiamento abbastanza ondivago con i Paesi arabi e in particolare con la Libia, la Germania. È chiaro che la Germania è un pilastro importante dell’Unione Europea, ma non possiamo definirla una risoluzione zoppa. Possiamo dire che nonostante le paure, le prudenze e le diffidenze questa risoluzione potrebbe funzionare. Ora fare delle previsioni è molto difficile.
Viene comunque tanta amarezza a pensare che per la Tunisia ci siamo scaldati tanto, per l’Egitto pure, come se l’Egitto fosse l’origine di tutti i mali, e il mondo si è mosso nonostante il regime di Mubak fosse tra i più moderati e un caposaldo nel mondo arabo, mentre abbiamo accettato e taciuto troppo i comportamenti di un personaggio che è molto più sanguinario di Mubarak: il colonnello Gheddafi.

18 marzo 2011

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