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"La Shoah è il secondo peccato originale"

Jan Karski al Giardino dei Giusti di tutto il mondo

7 aprile, ore 11.00
Giardino dei Giusti di tutto il mondo - Milano
piazza Santa Maria Nascente
(MM QT8)

Il direttore editoriale e scrittore Francesco M. Cataluccio presenta la figura di Jan Karski, che sarà onorato con un albero e un cippo al Giardino dei Giusti di Milano. Karski ha attraversato il mondo per cercare di fermare lo sterminio degli ebrei.

Jan Karski

Coloro che hanno visto il film di Claude Lanzman, Shoah (1985), non avranno certamente dimenticato la scena dell’intervista a un signore alto e allampanato che racconta di come si fosse fatto catturare dai tedeschi per potersi rendere conto di cosa stesse succedendo agli ebrei imprigionati. Fatto fuggire dalla Resistenza, che lo aveva mandato là, espatriò clandestinamente e giunse in Inghilterra dove raccontò ciò che aveva visto prima al governo polacco in esilio a Londra e poi alle più alte autorità britanniche. Rievocando con amarezza l’insuccesso della sua missione (non fu dato il giusto peso alle sue parole e alla sua analisi), l’anziano signore ha improvvisamente una scarica nervosa e blocca con una mano davanti alla bocca un conato di vomito. La cinepresa registra impietosamente la sua fuga nell’altra stanza e il ritorno di un uomo tremante e sofferente come se ancora vivesse quei drammatici giorni con la stessa intensità emotiva. Quell’uomo era il polacco Jan Karski (1914-2000), nome di battaglia di Jan Kozielewski. Allo scoppio della guerra era entrato subito, come molti suoi connazionali, nel movimento di resistenza AK (Armja Krajowa, Esercito nazionale), divenendone presto un importante esponente. Per questo gli venne affidato l’incarico, per il quale ci voleva anche una notevole dote di coraggio, di visitare due volte il Ghetto di Varsavia per poi finire nel campo di concentramento “di transito” di Izbica, che era l’anticamera di Treblinka.



Qui incontrò vari esponenti delle comunità ebraiche che lo pregarono di informare l’Occidente sulla loro drammatica situazione. Tornato rocambolescamente libero, Karski giunse a Londra nel novembre 1942. Il suo rapporto confermò ai dirigenti polacchi ciò che da più di un anno e mezzo sapevano bene: i tedeschi stavano attuando lo sterminio totale dellla popolazione di origine ebraica. Fu quindi portato a riferire le sue esperienze direttamente al primo ministro Winston Churcill e poi ad altri esponenti politici e giornalisti. Fu ascoltrato con molto scetticismo. Nel dicembre 1942, basandosi sul suo rapporto, il governo polacco in esilio chiese agli Alleati di intervenire in aiuto degli ebrei polacchi e fermare lo sterminio di massa. Non fu ascoltato. Allora Karski fu inviato negli Stati Uniti dove, in un concitato incontro con il presidente Franklin Delano Roosvelt chiese di bombardare direttamente i campi di sterminio, in modo di permettere ai prigionieri di fuggire. Ma anche la classe politica americana, per non parlare dell’opinione pubblica, era incerta sul portare aiuto agli ebrei, un po‘ per carenza di informazioni, ma soprattutto per una visione molto settoriale e confusa di tutta la questione della guerra contro Hitler. Molti politici occidentali di fatto furono complici dello sterminio. A un Karski che chiedeva con insistenza di fermare la violenza, usando la forza, molti risposero accampando mille scuse e cavilli. Lui chiedeva di bombardare e loro gli dicevano che quello non era il momento e che la questione andava approfondita. Durante la guerra della sorte degli ebrei sembrava non importare a nessuno. Così nulla fu fatto per fermare la macchina dello sterminio.
Dopo la fine del conflitto, Karski, il "testimone inascoltato“ (per usare una definizione che fa da titolo ad un libro su di lui, del 2009, di Haenel Yannick) decise di ritirarsi a vita privata consegnando le sue memorie in un libro pubblicato nell’immediato dopoguerra.

"Mi sono sentito ebreo"

Per tutta la vita considererà il suo insuccesso personale come il fallimento dell’umanità intera e in una conferenza del 1982 descrive l’indifferenza alla Shoah come il secondo peccato originale dell’uomo: “Dio mi ha dato il compito di parlare e di scrivere durante la guerra, quando c’erano le possibilità di aiutare. Ma io non ci sono riuscito. Dopo la fine della guerra ho appreso che i governi, i responsabili politici, gli studiosi, gli scrittori non sapevano cosa stava accadendo agli ebrei. Sono stati colti di sorpresa.
L’assassinio degli ebrei era un segreto… Allora mi sono sentito un ebreo. Come la famiglia di mia moglie – tutti loro sono morti nei ghetti, nei campi di concentramento, nelle camere a gas - così tutti gli ebrei sterminati, sono diventati la mia famiglia. Ma io sono anche un cristiano ebreo. Io sono un cattolico praticante. Sebbene io non sia un eretico, la mia fede mi dice che l’umanità ha commesso un secondo peccato originale con le sue azioni, con l’omissione di soccorso, con l’indifferenza, con l’insensibilità, con l’egoismo, con l’ipocrisia e una fredda razionalizzazione. Questo peccato perseguiterà l’umanità fino alla fine dei tempi. Questo peccato mi perseguita. E io voglio che sia così”.

Karski seppe "sentirsi ebreo“ e provare diirettamente le sofferenze di questo popolo. E si battè perché, per l’ennessima volta non si lasciasse che il Male agisse indisturbato. Egli, da buon partigiano, sapeva bene che a certi attacchi si può rispondere soltanto (per aver una minima speranza di respingerli) con la violenza.
Il suo eroismo fu inutile e si infranse contro un muro di gomma fatto di indifferenza e, in alcuni casi, ostilità.
Karski è una delle poche persone che, dopo il secondo conflitto mondiale, potè dire di aver visto giusto e di aver avuto un comportamento umanamente conseguente, seppur solitario.

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