Evoluzione dei concetti di genocidio e di crimini contro l’umanità
Già nel 1915 i governi alleati di Francia, Gran Bretagna e Russia parlano, a proposito del massacro della popolazione armena da parte dei turchi, di “crimini contro la civilizzazione” e di “crimini di lesa umanità”, termini ripresi anche nel Trattato di Sevres (1920). Questa formulazione giuridica verrà adottata nei processi delle corti marziali turche a carico dei responsabili degli eccidi.
Ma è dopo la Seconda guerra mondiale e la tragedia della Shoah che si sente l’esigenza di individuare e definire con precisione, all’interno del Diritto internazionale, i crimini contro l’umanità.
Comincia a essere utilizzato nel linguaggio giuridico anche il termine genocidio, coniato da Raphael Lemkin, definito “sistematica distruzione di un gruppo nazionale o etnico”. (Il neologismo viene usato per la prima volta in uno scritto del 1944).
L’accordo, siglato a Londra l’8 agosto 1945 tra Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e URSS, include il genocidio nei “crimini contro l’umanità”, a loro volta compresi nella più ampia categoria dei “crimini internazionali”.
Tra il 20 novembre 1945 e l’1 ottobre 1946 il Tribunale Militare Internazionale insediato a Norimberga processa i gerarchi nazisti. I capi d’accusa di competenza della Corte sono:
- crimini contro la pace a carico dei responsabili della guerra di aggressione;
- crimini di guerra basati sul principio della responsabilità penale individuale;
- crimini contro l’umanità ovvero assassinio, sterminio, riduzione in schiavitù, deportazione e qualsiasi atto disumano commesso contro le popolazioni civili, prima o durante la guerra, persecuzioni che abbiano costituito una violazione del diritto del Paese dove sono state perpetrate.
Raphael Lemkin ebbe un ruolo importante nel portare il concetto di genocidio all’attenzione della nascente organizzazione delle Nazioni Unite, dove delegati di tutto il mondo discussero i termini di una legge internazionale contro tale crimine.
Il 9 dicembre 1948 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approva all’unanimità la “Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio”.
Viene qualificato genocidio “uno qualsiasi degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso in quanto tale:
- uccisione di membri fisici del gruppo;
- attentato all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
- assoggettamento intenzionale del gruppo a condizioni di esistenza dirette a provocare la sua
distruzione fisica totale o parziale;
- provvedimenti miranti a impedire le nascite nell’ambito del gruppo, quali sterilizzazione, aborto,
impedimenti al matrimonio;
- trasferimento forzato di bambini di un gruppo in un altro gruppo”.
La Convenzione stabilisce che coloro che si macchiano di questi crimini, siano essi organi di uno Stato, funzionari civili o militari, oppure semplici cittadini, debbano essere ritenuti “personalmente” e “singolarmente” responsabili del crimine stesso e pertanto sottoposti a giudizio davanti a tribunali locali oppure internazionali. Genocidio e crimini contro l’umanità non cadono in prescrizione e comportano il risarcimento.
Elementi fondamentali, la cui presenza qualifica il crimine di genocidio sono:
- l’intenzione ovvero la pianificazione dell’eliminazione del gruppo umano preso di mira;
- lo Stato come agente organizzatore di tale pianificazione;
- uno o più atti criminali rivolti contro persone in quanto membri di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. È il gruppo intero ad essere perseguitato ed il genocidio è quindi ritenuto il più grave dei crimini contro l’umanità.
La Convenzione entra in vigore il 12 gennaio 1951, ratificata da più di venti Paesi. Il 4 novembre 1988, sotto la presidenza di Ronald Reagan, la firmano anche gli Stati Uniti.
La Convenzione non ha tuttavia rappresentato la parola definitiva per quanto riguarda le diverse accezioni del concetto di genocidio. Il dibattito svoltosi negli anni ne ha ampliato i confini, cercando di rimediare ad alcune omissioni. Per esempio, la mancata inclusione nella definizione di genocidio del gruppo sociale, di quello sessuale e di quello politico, i quali ne sono stati tutti vittime dopo il 1945.
Il Codice penale francese, approvato nel 1992, definisce genocidio la volontà di annientamento non solo di gruppi nazionali, etnici, razziali o religiosi, ma anche di un qualsiasi altro gruppo “determinato sulla base un criterio arbitrario”. Viene così sancito che, al di là di tutte le classificazioni, il gruppo vittima è quello che viene scelto come tale dall’aggressore.
Il codice penale canadese ha introdotto, in anni recenti, l’aspetto della “complicità”. Considera infatti crimine contro l’umanità anche “il tentativo, il complotto, la complicità dopo il fatto, il consiglio, l’aiuto o l’incoraggiamento riguardante il fatto stesso”.