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In Medio Oriente arriva la rivoluzione digitale: la libertà nasce dal web

editoriale di Elena Colombo

Le rivoluzioni del nuovo millennio sono digitali e sono dei giovani. Il Medio Oriente è scosso da un movimento di protesta che ha toccato la Tunisia, l’Egitto, lo Yemen e oggi riecheggia anche in Iran. Queste manifestazioni nascono su internet e forse senza internet non potrebbero nemmeno esistere: le pagine dei social network, i blog sono spazi virtuali dove le nuove generazioni riescono ad esprimere il loro dissenso aggirando le maglie della censura, una finestra sul mondo di cui i regimi hanno paura: la dittatura cinese da sempre monitora i termini che vengono ricercati in Google e oscura i siti non graditi, il governo siriano ha messo in carcere una giovane diciannovenne dopo che nel suo blog aveva parlato di libertà e democrazia. A Gaza nel 2010 si è registrato un notevole incremento nell’utilizzo dei social media: in un solo anno sono nati 50 blog. Secondo uno dei blogger creare un sito internet è un modo per “rientrare a far parte di una comunità internazionale dalla quale, altrimenti, i palestinesi della striscia sarebbero esclusi”.


Il legame tra gli spazi virtuali e le piazze delle città in rivolta è sempre più stretto: in Iran il video pubblicato su YouTube dell’assassinio di Neda, una giovane studentessa che stava partecipando a una manifestazione, ha fatto il giro del mondo trasformandosi in un simbolo della protesta. In Egitto i giovani che si sono incontrati grazie alla pagina di Facebook di Wael Ghonim sono riusciti a riempire piazza Tahir al Cairo per moltissimi giorni fino a costringere Mubarak alle dimissioni, dopo un governo lungo 30 anni.
Internet dà voce alle proteste e spesso Facebook, Twitter, YouTube sono gli unici canali di informazione che restano vivi dopo che i media tradizionali vengono imbavagliati e messi a tacere: in Egitto era stata interrotta la connessione ad internet ma Google aveva risposto fornendo tre numeri di telefono internazionali per registrare un messaggio vocale che veniva postato su Twitter. Su internet le informazioni circolano, vengono condivise e si diffondono, raggiungendo in pochi click migliaia di persone, molto più velocemente di quanto potrebbe fare un articolo pubblicato soltanto su di un quotidiano cartaceo. Queste informazioni creano un’eco così forte da essere contagiosa, da superare i confini nazionali, diventando endemica.



In questi giorni il Dipartimento di Stato americano sta inviando messaggi ai manifestanti in Iran attraverso Twitter di solidarietà con i dissidenti e riconoscendo “lo storico ruolo dei social media” per gli iraniani e sta studiando dei sistemi che aiutino ad aggirare i controlli sulla rete imposti dalle dittature.
Internet e i social network stanno guadagnando un ruolo fondamentale come garanti della libertà di espressione e principale fonte di informazioni. Internet, quindi, ha permesso di dare voce a chi prima era costretto al silenzio. In questi giorni internet è stato un supporto alla democrazia nel mondo arabo. Questo uso della rete è per fortuna diametralmente opposto a quello di Al Quaeda che si è servito del web per diffondere messaggi terroristici e per chiamare a raccolta i fondamentalisti islamici nel mondo.

Elena Colombo, redazione Gariwo - la Foresta dei Giusti

Analisi di

15 febbraio 2011

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