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Fare una scelta

Shoah e comportamento umano

Nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1938 i nazisti ordinano che vengano distrutte migliaia di abitazioni, sinagoghe e negozi ebraici.  Questa fu la reazione del regime al gesto di un diciassettenne che qualche giorno prima aveva ferito con una pistola l'ambasciatore tedesco a Parigi. 
Quella notte, che verrà chiamata "La notte dei cristalli" per ricordare ironicamente le vetrine infrante,  segna un punto di svolta per gli ebrei e anche per tutti gli altri  tedeschi.

Lo psicologo Dan Ban-Or sul sito di Facing History and Ourselves propone a studenti e insegnanti una riflessione sul comportamento umano, attraverso le vicende di due persone che si sono dovute misurare con questo evento storico e hanno reagito in modo diverso.

Andre: "Che cosa devo fare?"
 
Andre ha 12 anni e vive con la sua famiglia  in una cittadina del Nord della Germania.  Una sera, tornando a casa da una riunione della gioventù hitleriana racconta al padre "Ci hanno detto all'incontro che domani dobbiamo tirare pietre ai negozi degli ebrei. Devo partecipare anch'io?". Il padre gli chiede che ne pensa, lo invita a riflettere.  Andre decide di astenersi dalla violenza ma è preoccupato dal fatto che i suoi genitori subiranno le conseguenze della sua scelta: "Domani tutti diranno: 'Andre, il figlio di X, si è rifiutato di tirare le pietre'! Che cosa farete voi allora?".
Il padre risponde: "Se tu avessi scelto di tirare le pietre, avremmo dovuto convivere con la tua decisione, dal momento che ti abbiamo lasciato scegliere. Siccome hai deciso di non scagliare i sassi, lasceremo la Germania immediatamente". Il giorno seguente la famiglia abbandona il Paese.

Qualche tedesco per protesta riconsegna la propria tessera di iscrizione al partito nazista, sebbene molti precisino di non essere contrari all'antisemitismo ma all'uso della violenza, altri scrivono lettere alle ambasciate straniere, qualcuno di nascosto offre alle famiglie ebree cibo e beni di prima necessità per sostituire quelli che sono andati distrutti. 

Melita Maschmann: "Non volevo ricordare"

Ma la maggior parte dei tedeschi reagiscono come Melita Maschmann. Il giorno successivo, quando va al lavoro e sulle strade trova i vetri infranti, chiede a un poliziotto che cosa è accaduto. Successivamente dirà: "Andai per la mia strada scuotendo la testa. Per lo spazio di un secondo ebbi la percezione chiara che era accaduto qualcosa di tremendo lì. Qualcosa di spaventoso e brutale. Ma quasi subito la cancellai per accettare quello che era accaduto come un episodio che si era concluso, che era terminato, non permettendo alcuna riflessione critica. Io dissi a me stessa: 'Gli ebrei sono i nemici della nuova Germania. La scorsa notte loro hanno avuto un assaggio di ciò che significa questo... Con questo o con con pensieri simili io diedi a me stessa una giustificazione per il pogrom. Ma in ogni caso, io spinsi fuori dalla mia coscienza il ricordo dell'accaduto quanto più in fretta possibile".

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