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Quei roghi al cuore del potere

darsi fuoco per protesta

In ottobre un cinese di 42 anni si è dato fuoco in Piazza Tienanmen, il teatro dell'aspro conflitto tra i giovani e il potere che sfociò nella sanguinosa repressione del 4 giugno 1989. I giornali di tutto il mondo hanno cercato risposte a questo gesto, che per le autorità di Pechino dipende dallo scontento dell'uomo per l'esito di una causa civile. 

Dall'inizio dell'anno almeno altre 11 persone, tra cui diversi religiosi, si sono date fuoco in Tibet. Tra loro anche una giovane monaca buddhista.  Il regime di Pechino è attento a nascondere le notizie di questi suicidi: gli implacabili 'babysitter di internet' - come vengono chiamati i censori della Repubblica popolare - hanno bloccato le immagini pubblicate sul web dai cinesi ma in occidente è stato diffuso un video dall'associazione  Student for a free Tibet.


Come è avvenuto nel 1968 con Jan Palach, il giovane simbolo della Primavera di Praga, queste persone scelgono di immolarsi con un estremo gesto di protesta contro il regime. Nel 2009 ci sono stati 3 altri suicidi con il fuoco per lo stesso motivo, nel 2003 altre cinque persone si sono uccise in questa maniera dopo che le autorità avevano respinto alcune loro petizioni.


Il Dalai Lama non incoraggia queste pratiche. Alla BBC afferma: “Le autoimmolazioni col fuoco di monaci e monache buddisti che protestano contro la dominazione cinese del Tibet, al di là del coraggio che presuppongono, hanno una effettiva utilità? C'è del coraggio... Ma quanta efficacia? Il coraggio da solo non sostituisce la saggezza. Bisogna utilizzare la saggezza".


Il mondo arabo


Il suicidio del tunisino Mohammed Bouazizi ha innescato quella "rivoluzione dei gelsomini" in grado di cacciare il dittatore Ben Ali e di espandersi ai Paesi limitrofi con la Primavera araba. 


Nel Paesi arabi spesso è la donna che sceglie di darsi fuoco: le ragioni di questi gesti non hanno una motivazione politica:  la donna di questi contesti sceglie di uccidersi per sfuggire alle violenze, a un matrimonio combinato.
Nel 2006 l'agenzia di stampa Asianews segnalava che  in Iran il suicidio era  la seconda causa di morte. Tra i suicidi, l'83% erano donne, la metà di loro si sono date fuoco. 


Anche in Afghanistan quello dei tentativi di suicidio tra le donne è un problema in costante crescita: nel 2010 l'ospedale  Istiq Lal di Kabul ha soccorso 21 donne. John Boone scrive sul Guardian che le donne ricorrono a questa drammatica "via di fuga" a causa degli abusi in ambito domestico, per la mancanza di diritti e la società tradizionale che impedisce alla donna di andare a lavorare o anche di abbandonare l'abitazione senza il permesso del marito o dei suoi parenti maschi".

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