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Onoriamo tutti i soccorritori di ebrei

testimonianza su Khaled Abdul Wahab

Il New York Times ha pubblicato la testimonianza di Eva Weisel, sopravvissuta alla Shoah in Tunisia. Come racconta il libro Tra i Giusti di Robert Satloff, il nazismo colpì duramente anche gli ebrei dei Paesi arabi, dove oggi è molto forte il negazionismo. Si tratta di una pagina ancora poco nota della storia della seconda guerra mondiale, non priva di implicazioni anche per la Commissione dei Giusti di Yad Vashem, chiamata a decidere per la prima volta se nominare "Giusto" un arabo musulmano, Khaled Abdul Wahab.



Eva Weisel scrive:  "Nel dicembre 1942, quando avevo 13 anni, le truppe tedesche occuparono la mia città natale. Nel giro di pochi giorni la mia casa divenne un bivacco per gli ufficiali. Presto dovetti indossare la stella gialla, che mi separava da molti dei miei amici d’infanzia. Gli uomini della mia famiglia furono messi ai lavori forzati. La mia vita spensierata era finita. Fortunatamente un uomo influente del posto seppe delle nostre tragiche difficoltà e ci offrì generosamente la sua protezione. Una notte trasportò le donne, i bambini e i vecchi della nostra famiglia in una fattoria di sua proprietà a circa 20 miglia dalla città, Lì, disse, saremmo stati al sicuro.


[...] La strategia del nostro ospite funzionò a dovere finché, una notte, un paio di ufficiali tedeschi ubriachi si spostarono dalla casa principale. 
Nel cortile fuori dalle stalle essi iniziarono a picchiare sulla porta e a gridare: “Sappiamo che siete ebrei e stiamo venendo a prendervi!”. Mia nonna iniziò a gridare: “Cachez les filles!” — “Nascondete le ragazze!”. Ricordo di essere rimasta rannicchiata sotto il letto, tremante e singhiozzante mentre cercavo riparo sotto un lenzuolo.

In quel momento di paura indicibile, mentre i nostri cuori battevano all’impazzata e le lacrime sgorgavano dai nostri occhi, un angelo custode giunse a salvarci. Dal nulla apparì il nostro ospite. Era un uomo forte e potente, che infondeva un senso di autorevolezza e si faceva rispettare. Egli fermò i tedeschi e riuscì a condurli via. Il giorno dopo il nostro ospite venne nelle stelle. Noi accorremmo a ringraziarlo, ma lui era più incline a scusarsi con noi. Disse che gli dispiaceva che avessimo dovuto affrontare il calvario terrificante delle minacce dei tedeschi, espresse sollievo per essere intervenuto in tempo per evitare un’orribile tragedia e promise che non sarebbe più accaduto. Non so come abbia fatto a mantenere la promssa – forse corruppe i tedeschi – ma c’è riuscito. Abbiamo passato il resto dell’occupazione tedesca nella fattoria del nostro ospite, senza incidenti
[...] Finora, tuttavia, ad Abdul Wahab è stato negato il riconoscimento che merita. Circa cinque anni fa, nel gennaio 2007, il Dipartimento dei Giusti di Yad Vashem l’ha candidato, primo arabo nella storia, a essere onorato come “Giusto”. Questa candidatura era basata su una testimoonianza diretta della mia defunta sorella, Anny Boukris. Nel marzo di quell’anno, tuttavia, la Commissione ufficialmente incaricata della designazione dei Giusti, un organismo presieduto da un giudice israeliano in pensione e istituito da una legge di Israele per decidere chi merita di essere riconosciuto “Giusto”, ha votato per respingere la candidatura. La decisione è stata tenuta segreta per due anni.

Khaled Abdul Wahab merita di diventare Giusto tra le nazioni

Nel 2010 quello stesso giurista, il giudice Jacob Tuerkel,  ha rinviato il dossier di Abdul Wahab alla commissione per un secondo esame. Questa volta il caso era sostenuto da due testimonianze fresche – una video intervista a mia cugina Edmee Masliah, che era con me nella fattoria e ora vive fuori Parigi, e una lettera asseverata da un notaio che ho scritto raccontando la mia esperienza. Yad Vashem a quel punto aveva tre resoconti di prima mano della storia, ma per il mio completo disappunto la Commissione per la Designazione dei Giusti ha respinto di nuovo la candidatura. “Abdul Wahab era un uomo nobile”, mi hanno comunicato da Yad Vashem, “ma le sue azioni non si elevano al livello legale richiesto per meritare la designazione di “Giusto”. In pratica egli non avrebbe “rischiato la vita” per salvare le vite degli ebrei. Questa può essere la lettera della legge, ma gli esperti mi dicono che Abdul Wahab non sarebbe il primo salvatore di Giusti a non avere sofferto danni fisici, a parte la questione del pericolo di vita. Molti che hanno ottenuto il riconoscimento in Francia sono stati onorati perché hanno salvato ebrei senza sapere con certezza che cosa sarebbe stato di loro se fossero stati catturati. Inoltre, alcuni dei famosi diplomatici onorati come Giusti non sono mai stati arrestati, feriti o minacciati di morte per aver aiutato gli ebrei.

Mi rifiuto di credere che Yad Vashem adotti una misura per i “Giusti” d’Europa e un’altra per i “Giusti” che hanno compiuto il loro sacro dovere sull’altra riva del Mediterraneo, in un Paese arabo". 

Scarica l'articolo di Eva Weisel nel box a fondo pagina

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