Nabil Karoui, funzionario del canale televisivo Nessma, è stato prima minacciato da una folla di musulmani salafiti radunatisi sotto casa sua e in seguito imputato di "lesioni all'ordine pubblico e alla morale" per aver mandato in onda il 7 ottobre scorso Persepolis, il film d'animazione francese sulla vita di una ragazza iraniana.
Il pomo della discordia è una scena dove Dio è impersonato da un attore, che per di più parla in gergo giovanile. Per i musulmani rappresentare la divinità è blasfemo e nella Tunisia del post-rivoluzione si è subito scatenata la polemica tra laici e clericali.
Il New York Times osserva che la Tunisia è simile alla Turchia: ha vissuto il passaggio dal predominio di un'élite laica alla sua emarginazione in favore di un potere che si ispira sempre più chiaramente alla religione islamica. Anche il futuro dell'Egitto dipende in larga misura dalle decisioni del nuovo governo in merito alla laicità.
Il professore e giornalista tunisino Hamadi Redissi, che è stato spintonato e tacciato di essere "infedele" e "apostata" dagli integralisti fuori dal tribunale dove era andato a portare il suo sostegno a Karoui, ha dichiarato che i tunisini laici saranno spesso costretti a chiudersi in enclave. I salafiti non hanno mancato di gridare ai sostenitori della libertà d'espressione: "Spiacenti, avete perso il vostro paparino!" riferendosi all'espatrio dell'ex dittatore Ben Ali.
Secondo Human Rights Watch il processo al dirigente televisivo segna una "svolta poco piacevole per la nascente democrazia tunisina". Di certo da questa vicenda dipenderanno le valutazioni sul futuro della Primavera araba.