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Quando di religione si muore

le persecuzioni nel mondo

La Dichiarazione universale dei diritti umani stabilisce che "ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti".
Questo principio è lettera morta in moltissime parti del mondo. Secondo il quotidiano Der Spiegel i cristiani nel mondo sono 2,2 miliardi: tra loro 100 milioni subiscono persecuzioni e violenze.

Sulle pagine del Corriere della Sera la scrittrice Ayaan Hirsi Ali, minacciata di morte per aver criticato l'atteggiamento dell'islam verso le donne, evidenzia che "nel mondo islamico i cristiani vengono massacrati per la loro fede religiosa. [...]. Negli ultimi anni l'oppressione violenta  delle minoranze cristiane è diventata la norma nelle nazioni a maggioranza musulmana [...]. In alcuni Paesi sono  stati i governi stessi e i loro rappresentanti a dare alle fiamme le chiese e ad imprigionare i fedeli. In altri,  gruppi ribelli e milizie di vario genere hanno preso in mano la situazione". 


In Afghanistan la conversione al cristianesimo è ancora punibile con la morte. In Nigeria i cristiani sono il 40% della popolazione e tra questa minoranza e gli estremisti islamici c'è quasi una guerra civile. Bobo Hakram, un'organizzazione islamica, si è dichiarata pronta a "sterminare tutti i cristiani" del Paese: lo scorso anno ha messo a segno più di 500 omicidi.


Nel Sudan l'odio verso i cristiani è culminato nella tragedia del Darfur. In Egitto la primavera araba ha portato un'intolleranza verso questa religione con una serie di violenze contro i cristiani copti: 200 mila persone sono state costrette a lasciare le loro case, nel timore di nuove persecuzioni.


Solo a Bagdad dal 2003 ad oggi sono morte 900 persone, in attacchi terroristici. Prima di questa data i cristiani erano più di 1 milione di persone, oggi sono mezzo milione appena.


In Pakistan i cristiani superano di poco l'1% della popolazione, vivono nel terrore degli estremisti islamici e di incorrere nelle sanzioni della legge contro la blasfemia. Grazie a questa legge una donna, Asia Bibi, è condannata a morte, con l'accusa di aver insultato Maometto.  Salman Taseer, un governatore che si era schierato in sua difesa è stato ucciso.


In Arabia saudita c'è il divieto di culto e la polizia religiosa perquisisce regolarmente le case dei cristiani per verificare che questo divieto non venga violato. Il rischio è quello di finire di fronte a un tribunale in cui la deposizione di un cristiano è considerata di valore inferiore rispetto a quella di un musulmano. È di questi giorni la notizia che un poeta di 23 anni sarà giudicato in Arabia Saudita proprio per blasfemia, anche se lui è di religione islamica: la sua colpa è quella di aver scritto su Twitter rivolgendosi direttamente a Mametto, dandogli del "tu" e muovendogli delle critiche.


Sul Corriere della Sera Pierluigi Battista commenta questo fatto: "Ipersensibili per tutto ciò che ci riguarda, pronti a gridare alla 'censura' per noi stessi, la nostra indifferenza diventa totale quando constatiamo che una buona porzione del mondo è asfissiato da un'oppressione in cui tutto è vietato, 'blasfemo', contrario ai precetti prepotentemente stabiliti dalle tirannie religiose. È vietato tutto. Tutto. È vietato alle donne istruirsi, camminare da sole, scegliere il proprio destino, truccarsi. È vietato leggere Rushdie e Mahfuz, Kureishi e Taslima Nasreen. Come ha ricordato Luigi Mascheroni, persino i Simpson sono stati messi al bando dagli ayatollah. Sono vietate le bambole. È vietata la musica rock. Sono vietati i giornali. Da ora in poi sono vietate le sue poesie, gentile Kashgari.
È vietato criticare i test obbligatori della verginità. È vietato essere omosessuali. È vietato essere cristiani. È vietato criticare chi ha sgozzato in Olanda Theo Van Gogh, o chi ha fatto irruzione nella casa di un vignettista danese, armato di ascia per mozzare la testa dell'infedele. È vietata la tv 'blasfema' (cioè la tv tout court). È vietato aprire chiese e sinagoghe [...].
Da noi non è vietato niente, tranne ricordare che da voi è vietato tutto. Perché se qualcuno lo ricorda e chiede uno straccio di solidarietà per chi è vessato da un'orribile prepotenza teocratica subito scatta l'accusa di fomentare lo scontro di civiltà. Inoltre [...] qui siamo molto paurosi e sappiamo che possiamo dire qualsiasi cosa irridente su tutte le religioni senza alcuna conseguenza. Tutte, tranne una, perché le conseguenze sono molto sgradevoli".


In Cina tutte le religioni sono illegali. Perseguitati sono i cristiani, gli islamici, i buddisti, i Falun Gong (movi­mento d’ispirazione Taoista-Buddista non autorizzato) ed i credenti di ogni altra fede religiosa. In Tibet i monaci si fanno espressione di una protesta violenta contro la Cina, trasformandosi in torce umane per chiedere l'indipendenza del Paese. L'ultima vittima di queste immolazioni è una giovane monaca, di 18 anni appena.


In Nord Corea  la dittatura comunista proibisce qualsiasi appartenenza a gruppi cristiani. Dal 1949 non si hanno più notizie del vescovo di Pyongyang, mons. Francis Hong Yong-ho e di altri 166 sacerdoti.


La scrittrice Hirsi Ali chiude la sua interessante panoramica suggerendo all'Occidente di combattere questa tendenza dei Paesi a maggioranza islamica utilizzando il denaro: bloccando gli aiuti umanitari e gli investimenti nei Paesi che non rispettano la libertà di culto. 

13 febbraio 2012

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