Il filosofo francese è drastico: nella scelta tra “la peste post-Mubarak e il colera islamista”, il popolo egiziano era e rimane diviso. Il 50%, scrive Lévy sul Corriere della Sera, ha votato contro i Fratelli Musulmani, una formazione i cui membri si sono distinti per descrivere Hitler come un “rappresentante di Allah” inviato per “punire” gli ebrei “corrotti”.
Tuttavia la Presidenza di Mohammed Mursi, secondo l’intellettuale francese, è pronta a trasformarsi “in una conchiglia vuota” per effetto della sua dipendenza dal Consiglio supremo delle forze armate anche per la definizione dell’attribuzione di poteri. Non c’è ancora la materializzazione dell’incubo islamista.
Per questo Bernard Henri Levy ammonisce: l’Egitto diviso deve affrontare il suo passato, le sue “lezioni di tenebra”, in modo che come tanti Paesi “eredi di civiltà immense” quali la Francia e gli Stati ex comunisti, la promessa della democrazia possa un giorno, quando terminerà il convulso processo rivoluzionario, realizzarsi.