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Esce il nuovo libro di Salman Rushdie

ma l'Iran emette una nuova fatwa

Uscita mondiale il 18 settembre di Joseph Anton, autobiografia di Salman Rushdie dopo la condanna a morte decretata dagli ayatollah nei suoi confronti nel 1989. Fu il leader iraniano Khomeini in persona a emettere la fatwa, costringendo lo scrittore a lunghi anni di clandestinità e peregrinazioni. 

La sua colpa era quella di avere scritto I Versi satanici, un libro considerato blasfemo dalla leadership politica e religiosa di Teheran. Il libro narrava la storia di due personaggi scampati per miracolo a un incidente aereo che si affrontavano per tutto il resto della loro vita come il bene e il male. In alcuni capitoli citava dei versetti del Corano presenti solo in alcune copie del Testo sacro molto antiche, che si ritenevano essere ispirati da Satana. 


Per l'occasione il quotidiano La Stampa ha intervistato Rushdie, che proprio in questi giorni ha visto rinnovarsi la fatwa contro di lui. Infatti il 17 settembre, nel pieno del caos strumentalizzato da al Qaeda dopo l'uscita del controverso film The innocence of Muslims, una fondazione iraniana ha aumentato la taglia per chi uccide lo scrittore, portandola a 3,3 milioni di euro. Come a ribadire che Salman Rushdie è colpevole di tutto lo "scontro di civiltà" tra Occidente e Islam degli ultimi 23 anni. Lo scrittore britannico di origine indiana spiega invece ai giornalisti: "La mia vicenda personale non è stato l'innesco, ma soltanto il prologo del grande disastro che sarebbe arrivato l'11 settembre". 


Della sua "vita in fuga dall'Islam" parla anche Roberto Saviano, che ha spiegato, a partire da uno scritto di Rushdie pubblicato dalla rivista americana The New Yorker, una caratteristica di Rushdie che può essere accomunata a quelle delle figure esemplari ricercate da Gariwo: "Da un lato scappi da chi ti ha condannato a morte e cerchi comunque di continuare a vivere, dall’altro sarai inviso a una parte della società che trova disdicevole che un perseguitato possa avere una vita pubblica e privata. Ma in fondo sai che la tua vera colpa è essere ancora vivo. La persecuzione non porta mai con sé vera solidarietà. Ti aspetti un sostegno che non arriva nemmeno dalle persone più vicine, che cominciano a sentirsi inadeguate, non all’altezza della situazione".


Per questo nel nuovo libro, che prende il titolo dal falso nome che Salman Rushdie ha dovuto assumere per nascondersi, il controverso autore che fu amico di Bruce Chatwin e Martin Amis parla di sé alla terza persona. È costretto a distanziarsi dal suo io intimo e a diventare per tutti semplicemente e riduttivamente lo scomodo personaggio "Rushdie". 


I rapporti con il figlio, con il padre, che era un grande studioso di Islam, con gli amici e con le donne vengono sconvolti e in alcuni casi cancellati dalla fatwa. Pierluigi Battista ricorda sul Corriere che la pubblicazione dei Versi satanici è costata la vita a un lungo elenco di editori e addetti all'editing e alle altre fasi della produzione. 

Gli amici più intimi di uomini come Rushdie e Saviano rischiano ormai di essere gli uomini della scorta.

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