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Vivere (e sopravvivere) a Damasco

cosa succede in Siria?

Guerriglia in Siria (Getty Images)

Guerriglia in Siria (Getty Images)

In questi giorni la Siria è sotto ai riflettori della comunità internazionale a causa delle tensioni con la Turchia. Ma il protrarsi delle violenze tra lealisti e ribelli rende impossibili le condizioni di vita di un Paese diviso al suo interno, con poche speranze di un ritorno alla normalità. Shady Hamadi, scrittore italiano di origine siriana, ci ha raccontato che mancano i generi di prima necessità e a Homs, la città della sua famiglia chiusa da oltre cento giorni, è difficile far entrare qualsiasi sostentamento. “Tutto il Sud del Paese è isolato dall’inizio della rivoluzione. La convivenza è messa a dura prova dal regime, che intende scatenare una guerra interconfessionale tra la maggioranza alawita e le enclavi sunnite. Basti pensare che il governo, come forma preventiva di difesa, ha spinto gli abitanti dei villaggi alawiti a sostenere le milizie regolari siriane durante i rastrellamenti.”


La popolazione, tuttavia, tenta di reagire. “Ci sono diversi coordinamenti sanitari e civili nelle zone liberate – dice Hamadi – che assolvono alle funzioni organizzative delle strutture del precedente regime. Ci sono quelli per la distribuzione dei viveri o per offrire una struttura scolastica ai bambini. Nelle zone controllate sono attivi nuclei clandestini che provvedono alle necessità sanitarie mantenendo contatti con l’estero per l’invio di medicinali”. Lo stesso Shady Hamadi è impegnato nella raccolta di giocattoli da inviare ai bambini del Nord della Siria.


Proprio i bambini sono vittime particolari delle violenze: non solo corrono il rischio di essere coinvolti nei combattimenti, ma stanno perdendo tutte le strutture di riferimento. “Andare a scuola è difficilissimo - ci spiega Hamadi- perché i quartieri sono costantemente sotto il tiro dei cecchini”. Molti di loro, come ha da poco documentato Save the Children, hanno dovuto abbandonare le proprie case e ora vivono nei campi profughi costretti a subire abusi e torture “agghiaccianti”. 


Ogni tipo di dissidenza è condannata e soffocata dal regime. Si moltiplicano gli arresti e le carceri si affollano. È degli scorsi giorni la notizia della morte dello scrittore Muhammad Nemed Madani a seguito delle torture subite in una cella sotterranea del dipartimento 251 di Damasco. La scrittrice Samar Yazbek si è salvata da questa sorte perché si trova in esilio a Parigi. Lontana dagli scontri ha potuto pubblicare le sue memorie della guerra civile nel libro A Woman in the Crossfire: Diaries of the Syrian Revolution, che le è valso il PEN Pinter International Winter of Courage Award di Londra.


Oltre alle violenze interne continua ad inasprirsi la tensione con la Turchia. “Non penso - prosegue Hamadi - che nel lungo periodo la Turchia possa intervenire da sola in Siria: il problema curdo è troppo forte e risveglia antiche paure. La zona di Hasaka è stata data in mano al PKK dal regime siriano per controllare le proteste dell’intera regione e accrescere il timore –già molto diffuso- che quest’area possa diventare il prolungamento del Kurdistan”. Il vuoto di potere nel nord della Siria, l’autonomia politica in Iraq e il sentimento antiturco alimentato da Teheran nel Nord Ovest iraniano, infatti, potrebbero essere determinanti per la nascita di uno stato curdo lungo i confini Sud-orientali della Turchia, realizzando così uno dei suoi peggiori incubi


Insomma, sono molti gli elementi di instabilità ed è difficile immaginare un’imminente fine delle violenze interne. C’è ancora un movimento pacifista che manifesta, ma lo scontro in atto non accenna a spegnersi. “Semmai dopo, quando questo regime sarà caduto, bisognerà scongiurare la vendetta e l’odio. Servirà un’opera di riconciliazione del tessuto sociale ed è importante iniziare adesso: mantenere contatti con varie personalità, anche di diverse confessioni religiose, è uno dei modi per preparare il dialogo del domani.”

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