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Partire, ma con il desiderio di tornare

i dissidenti cubani e la norma sull'espatrio

Concessa la libertà di espatrio a Cuba, o forse no. Con il decreto legge 302, pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale, viene abolita la famosa tarjeta blanca. I cubani non avranno più bisogno del permesso di uscita o di un invito ufficiale dall'estero per lasciare l'isola, ma potranno semplicemente presentare il loro passaporto.

Il provvedimento è stato accolto con esultanza dalla popolazione e dai numerosi dissidenti dell'isola. Tuttavia l'ottimismo è contrastato dalle limitazioni che ancora restano in materia di espatrio. Se è vero che basterà il passaporto per lasciare Cuba, questo non verrà rilasciato automaticamente. Chi ne è già in possesso dovrà rifarlo, e comunque verrà concesso solo a discrezione del governo e potrà essere negato "per ragioni di interesse pubblico". Resta poi in vigore la norma che prevede la perdita di ogni bene sull'isola per chi lascia il Paese, sebbene il tempo limite per rientrare senza subire confische sia stato prolungato da 11 a 24 mesi.

La discrezionalità del governo resta quindi un elemento molto forte. Secondo Reinaldo Escobar, reporter dissidente marito della blogger Yoani Sanchez, "la normativa permette a chiunque di viaggiare...a meno che il regime non decida diversamente". La portata di questa norma si potrà esaminare solo con il passare del tempo, a partire dal 14 gennaio, data per cui è prevista l'entrata in vigore della legge voluta da Raul Castro, il "rivoluzionario dei piccoli passi", come lo definisce Escobar.


Escobar non è l'unico dissidente in attesa del permesso di lasciare l'isola. Yoani Sanchez ha già ricevuto 20 rifiuti alla domanda di espatrio, le Damas de Blanco chiedono il passaporto dal 2005 per poter andare a ritirare il premio Sacharov vinto in quell'anno. La nuova normativa darà origine a un nuovo "effetto Mariel", esodo di massa che tra il 15 aprile e il 31 ottobre 1980 vide 125.000 cubani imbarcarsi dal porto di Mariel con destinazione Florida senza più tornare nell'isola?


I dissidenti, seppur desiderosi di poter lasciare Cuba, non sempre pensano a una fuga definitiva. "Ho già preparato le valigie - spiega la Sanchez - ma con il desiderio e l'intenzione di tornare". Ancora più esplicito è Guillermo Fariñas, uno dei dissidenti più tenaci del regime, in una intervista al Corriere della Sera:

La maggioranza dell'opposizione pacifica a Cuba, diciamo l'80-90 per cento, vorrebbe partire per non tornare. Sto parlando di quei patrioti costretti a subire minacce e ritorsioni tutti i giorni a causa delle loro opinioni, e la cui vita qui è diventata impossibile. Poi ci sono altri come me, e altri dissidenti più in vista, che vogliono restare a vivere qui. Io ho chiesto il permesso di espatrio solo due volte, per viaggiare e con tutta l'intenzione di andare e tornare. Non me l'hanno concesso, ovviamente. Ma non ho cambiato idea stamattina, io voglio vivere nella mia patria e vederla libera, un giorno.

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