L'acclamato artista turco, che ha suonato per le Filarmoniche di New York e Berlino ed è noto anche in Italia per concerti nell'aula magna dell'università La Sapienza di Roma e numerose apparizioni su Rai3Suite, rischia un anno e mezzo di carcere.
Dopo aver sentito un muezzin impiegare solo 22 secondi per chiamare i fedeli islamici alla preghiera ha scritto due ironici tweet: in uno si chiedeva se il religioso fosse così di fretta perché lo aspettavano una donna o un bicchiere di raki, la grappa turca; in un altro si domandava se il Paradiso islamico con i suoi fiumi di vino fosse un bar, oppure se, con le sue vergini schierate, fosse per caso un bordello.
Due internauti sono corsi a denunciarlo alle autorità di Ankara come "pericolo per l'ordine pubblico". Questa solerzia a denunciare le persone non omologate tipica dei fanatici denota principalmente che spesso gli integralisti sono incapaci di lettura critica. Say non ha voluto infatti né incitare all'odio (e quindi non minaccia affatto l'ordine pubblico), né dichiararsi blasfemo. Ha voluto solo denunciare che la violenza purtroppo passa spesso per le religioni.
Il governo turco di Erdogan, chiaramente filoislamico, sta conducendo una pericolosa campagna contro la libertà d'espressione. Secondo lo scultore Mehmed Aksoy: "Qui sta diventando come l'Inquisizione. Vietano tutto quello che spinge la gente a ridere o a pensare".
Pochi anni fa, il pianista era stato nell'occhio del ciclone perché aveva detto di non voler più vivere in un Paese con un partito sempre più dominato dal fondamentalismo religioso. Aveva reagito componendo un Requiem per Metin Altiok, partecipante a un festival di poesia bruciato vivo nel rogo doloso di un albergo provocato dai fanatici islamisti nel 1993.
Ora Fazil Say medita l'esilio, proprio come Orhan Pamuk. Infatti 18 mesi di carcere gli distruggerebbero la carriera.