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Com'è cambiata la protesta in Russia?

secondo lo storico Arsenij Roginskij

Il 95esimo anniversario della Rivoluzione d’ottobre può essere l’occasione per una riflessione sulle caratteristiche dei movimenti di protesta in Russia. Lo storico russo Arsenij Roginskij ha proposto la sua tesi al Convegno Est – ovest: la crisi come prova e provocazione al bivio tra negazione e riscoperta dell’Io, organizzato da Russia Cristiana il 19 ottobre 2012, rilevando elementi comuni e differenze tra il dissenso sovietico e i manifestanti odierni.


La riflessione è utile per legare a un determinato contesto il termine “dissidenza”, oggi spesso accostato ad ogni tipo di protesta contro il potere. Il dissenso sovietico nasce infatti non tanto come conflitto con l’autorità politica, ma come richiesta di letterati e artisti che volevano semplicemente la propria indipendenza in ambito creativo. “Il conflitto – sostiene Roginskij-  iniziò quando il potere tentò di riprendere il controllo sulla intellighenzia creativa. Le repressioni nei confronti dell’arte indipendente hanno suscitato la protesta civile e generato un movimento che fu definito ‘in difesa dei diritti umani’”.


I germogli di questo movimento hanno permesso ciò che la poetessa russa Ol’ga Sedakova definisce “la rinascita etica della Russia”, messa in atto dalle iniziative silenziose di alcuni “invisibili”. Fino a poco tempo fa i russi non erano neanche a conoscenza della presenza di organizzazioni o volontari che si dedicavano a progetti di assistenza. Le manifestazioni del 2011 hanno portato in piazza la società civile che pareva inesistente, con vecchie e nuove tipologie di protesta. Le dimostrazioni di piazza si sono poste come la continuazione del metodo del dissenso. “Con l’idea del diritto – prosegue Roginskij - il dissenso ha concluso il suo compito. L’impulso iniziale del 2011 è venuto invece dalle colossali violazioni del diritto, in questo caso elettorale. Il diritto è stato il momento iniziale, non finale.” Non era tanto il risultato elettorale a spingere i russi a scendere in piazza, quanto la violazione stessa del diritto.


Un fattore di somiglianza tra il movimento del dissenso e le manifestazioni attuali è l’eterogeneità dei partecipanti. Così come il dissenso univa giovani ai margini della società, artisti, docenti universitari e scrittori, seppure con diverse tempistiche di adesione alle proteste, oggi le vie di Mosca sono attraversate dai giovani radicali che da anni sono impegnati nelle dimostrazioni, insieme a professionisti, professori, uomini di affari, associazioni pubbliche, la classe intermedia. L’eterogeneità oggi è anche politica: a protestare sono i nazional-bolscevichi di Eduard Limonov, l’Avanguardia della gioventù rossa di Sergej Udaltsov, i nazionalisti radicali, i giovani antifascisti.


Questo spiega anche l’eterogeneità delle storie dei manifestanti e degli oppositori alla politica di Putin, oggetto di arresti e discriminazioni. Sfogliando le pagine dei quotidiani spiccano non solo nomi come quello dell’attivista radicale Sergej Udaltsov, ma anche di personaggi provenienti da ambienti totalmente differenti. Alexey Navalny, avvocato e blogger critico nei confronti di Putin, è oggi sotto indagine e con il divieto di lasciare Mosca. Ghennady Gudkov, ex ufficiale Kgb, stimato membro del Parlamento che aveva fatto parte del Comitato per la difesa, dopo aver partecipato alle manifestazioni in piazza è stato allontanato dalla Duma con un voto senza precedenti. Infine Xenia Sobchak, la più famosa celebrity russa, figlia del mentore politico di Putin, da quando si è unita all’opposizione ha scoperto che nessun canale tv russo vuole più assumerla.


“C’è però un’importante differenza – sottolinea Roginskij-  la comunità del dissenso per molto tempo è rimasta unita nonostante la sua eterogeneità. Le domande ‘tu chi sei?’ e ‘tu in che cosa credi’ restavano secondarie e non ponevano delle distanze umane tra la gente. Invece oggi vediamo in piazza una folla che si muove insieme, ma che è composta da individui autonomi che si guardano a vicenda con una certa diffidenza”.


Essenziale è l’elemento politico della protesta, evitato dai dissidenti e riscoperto dalla nuova forma di protesta. Il cambiamento è stato possibile proprio grazie a quei cittadini che si sono liberati dai tradizionali complessi sovietici (in particolar modo dal “trauma del collettivismo”, che secondo Ol’ga Sedakova impediva la manifestazione del proprio pensiero come rivendicazione di individualità). La violazione del diritto elettorale, insieme all’opposizione alle nuove leggi adottate dal regime per controllare le opposizioni (come provvedimenti contro la libertà di stampa o leggi che limitano l’accesso a Internet), sono il motore delle nuove proteste. Ciò che manca ancora in questi movimenti è una leadership organizzata. “Nascerà una nuova classe politica – si interroga in chiusura Roginskij - che sia in grado di dialogare con l’eterogeneità dei manifestanti e di trovare un filo comune che comprenda le loro motivazioni?”. A questa domanda solo gli eventi potranno dare risposta.

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