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L'uomo del popolo e il conflitto in Siria

dagli incontri di Doha al riconoscimento

Dopo mesi di guerra civile, 30 mila morti e un milione di profughi l'opposizione siriana ha ora un leader, Ahmed Moaz al-Khatib, ex imam sunnita della moschea di Ummayad a Damasco. La mancanza di incarichi pubblici nella sua biografia non gli impedisce di essere considerato "uomo del popolo" capace di dialogare e trovare un compromesso tra i diversi gruppi dell'opposizione ad Assad. Diversi attivisti hanno dichiarato che "al-Khatib è una figura molto popolare, vicina ai giovani e in grado di capire come rivolgersi a loro, con una mente aperta e capace di catturare la fiducia dei siriani".


Intorno alla sua figura si è infatti composta la Coalizione nazionale siriana, nata al termine dei colloqui di Doha, in Qatar, e punto di partenza di tutti i gruppi dei ribelli per aprire la via alla deposizione del regime sanguinario di Assad.


Al-Khatib non è estraneo alle proteste che hanno interessato il Paese negli ultimi 20 mesi, e ha criticato duramente il regime anche prima dello scoppio delle manifestazioni. Il suo attivismo lo ha portato in carcere quattro volte, con l'accusa di aver supportato i gruppi anti-governativi, fino all'estate del 2011, quando ha deciso di lasciare la Siria. Durante le proteste dell'aprile 2011, al-Khatib è salito sul podio, ha afferrato un microfono e ha esortato i dimostranti a ripetere con lui "Peaceful, peaceful, peaceful!".


La Coalizione nazionale siriana ha subito cercato l'appoggio di diversi Paesi. I paesi del Golfo, attraverso il Consiglio di cooperazione del Golfo, sono stati il primo blocco di Stati a riconoscere la nuova coalizione come legittima rappresentante del popolo siriano. Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi, Bahrain e Oman hanno così confermato il loro orientamento a un cambio di regime a Damasco. Il primo paese europeo a fornire il pieno riconoscimento ad al-Khatib è stato la Francia, già impegnata ad assistere i comitati civili nelle zone controllate. Si attende invece una decisione della Lega Araba, che non ha ancora trovato una posizione comune.


La Casa Bianca è stata tra i registi della nascita della Coalizione, inserita nella strategia americana per la gestione della questione mediorientale. Maurizio Molinari, inviato a New York de La Stampa, sostiene la centralità del problema siriano nella politica di Obama, che mira alla realizzazione della primavera araba a Damasco e "vuole un'accelerazione della soluzione della crisi siriana perchè la guerra civile gli pone tre problemi. Primo: è una strage di civili che rischia di restare come una macchia sulla sua amministrazione [...] Secondo: complica di molto gli sforzi per comporre il contenzioso israelo-palestinese. Terzo: la caduta di Assad aumenterebbe lìisolamento dell'Iran".


È proprio la questione palestinese a seguire direttamente gli sviluppi del conflitto in Siria: dopo gli incontri di Doha Barack Obamba ha telefonato a Mahmud Abbas, presidente dell'Autorità nazionale palestinese, per chiergli di avviare negoziati diretti con Israele e abbandonare il percorso di ammissione alle Nazioni Unite. La reazione di Abbas è però stata negativia, in quanto il presidente ha confermato la presentazione all'Assemblea Generale, il prossimo 29 novembre, della richiesta di rendere la Palestina stato non membro e osservatore permanente.

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