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Il Congo diviso

i ribelli si impadroniscono di Goma

Continua la guerra tra il debole governo del Presidente Kabila e i ribelli dell'M23, un movimento formato da combattenti di etnia tutsi, il gruppo che governa il Ruanda dopo il genocidio del 1994. Tuttavia questi guerriglieri non si considerano legati a Kigali, perché vivono da un secolo entro i confini congolesi per effetti della Conferenza di Berlino del 1885, in cui le potenze coloniali europee si divisero l'Africa. 

Questa popolazione, che parla l'idioma kinyarwanda, è culturalmente ruandese, ma ha la cittadinanza congolese. Tuttavia non è integrata all'interno di alcuno dei due Stati confinanti e per questo una sua componente ha preso le armi. 


I ribelli hanno conquistato Goma, una delle città più vivaci dell'immenso Paese dai confini artificiali, forse troppo grande per rimanere unito e le cui ricchezze - avorio, oro, diamanti, legname e rame - fanno gola a molti Stati. 


La missione ONU presente nel Paese, la MONUSCO, apparentemente non ha registrato il pericolo, perché non ha dato ordine di evacuazioni. I testimoni hanno dichiarato ai giornali stranieri che i soldati delle Nazioni Unite sono rimasti a guardare quando l'M23, che recentemente ha assunto il nuovo nome di Armata Rivoluzionaria Congolese, ha invaso la città più importante del Congo orientale.


Instabilità e dubbi inquietanti: sono i tutsi a tormentare i civili?


Da un momento all'altro ci si attende che a Kinshasa il governo cada, magari in seguito alle manifestazioni dei cittadini inferociti contro la sua debolezza. La polizia in occasioni passate è arrivata a sparare sui dimostranti e ora la misura potrebbe essere colma. 


Il conflitto ha alcune importanti implicazioni per quanto riguarda le relazioni internazionali. In primo luogo chiama in causa le responsabilità del Belgio, all'origine di molti problemi attuali non solo in Congo, ma anche nei confinanti Uganda e Rwanda. L'ONU ha indicato in Kigali la principale fonte di finanziamento per l'M23, ma il Presidente del Ruanda Paul Kagame nega risolutamente di aiutare i guerriglieri, che alcune autorevoli fonti, come la Frankfurter Allgemeine, chiamano tout court "saccheggiatori". 


La questione del presunto coinvolgimento di Kigali nel conflitto congolese, segnato dall'uccisione e dallo sfollamento di centinaia di migliaia di persone, soprattutto donne e bambini che a volte vengono violentati, abusati in vario modo e addirittura arruolati forzatamente per combattere, è lancinante perché ripropone la questione se le antiche vittime del genocidio ruandese, i tutsi, possano essersi trasformate negli ultimi 18 anni in carnefici. 


La questione vista da Yolande Mukagasana


"Dio sa quanto dolore arreca questo problema alla popolazione civile", ha dichiarato Yolande Mukagasana, sopravvissuta e testimone del genocidio contro i tutsi e gli hutu moderati seguito all'abbattimento dell'aereo presidenziale in Ruanda il 6 aprile 1994. La Giusta al Giardino di Milano ha spiegato: "Esso risale ai tempi in cui furono tracciate le frontiere dell’Africa, ossia alla conferenza di Berlino del 1885. Coloro che hanno stabilito i confini l’hanno fatto in maniera geometrica senza curarsi delle popolazioni, ma solo delle risorse presenti nel sottosuolo. Questo è il caso del Congo e del Ruanda. Insomma, noi non facciamo eccezione rispetto al resto dell’Africa. Il problema non è affatto quello, ma è piuttosto un problema economico e concerne la parte colonizzata dal Belgio, che dominava sul Ruanda-Urundi-Congo. 
Con la creazione delle frontiere tra Rwanda e Congo – l’attuale Repubblica Democratica del Congo (RDC) -, una parte del Ruanda si è ritrovato a far parte del Congo. Si tratta di una zona molto ricca, che viene sempre sfruttata dalle potenze occidentali. È qui che sento sempre parlare di guerre. La comunità internazionale ha creato un fuoco e poi l’ha attizzato, e poiché non riesce a spegnerlo ha finito anche con il creare un capro espiatorio, che è il Ruanda". 


Probabilmente il suo autorevole parere non basterà a calmare le polemiche. Il Corriere della Sera in un pezzo a firma di Massimo A. Alberizzi ricorda che "se sui ribelli pesa il sospetto che siano guidati da fuori, su Kabila la certezza (come avevano a suo tempo dichiarato gli osservatori internazionali) che abbia truccato le elezioni attraverso cui è arrivato al potere per la seconda volta e che sia stato lui a scatenare la guerra, quando ha lanciato un mandato d'arresto contro Jean Bosco Ntaganda, un generale tutsi dell'esercito regolare che a quel punto si è ammutinato, fondando l'M23". 


La giustizia internazionale riuscirà a fermare i massacri?


In questo contesto così complicato non mancano il coinvolgimento di ambienti religiosi - il leader politico dei ribelli è il vescovo Runiga Lugerero - e l'incognita della Corte Penale Internazionale, che intende perseguire Ntaganda e i signori della guerra congolesi. Per ora siamo a uno stallo, con il debole e delegittimato Kabila che intende negoziare direttamente con Ruanda e Uganda, l'M23 che ha preso Goma perché è sempre più convinto di avere le mani libere e il Presidente Kagame che dal canto suo rifiuta ogni trattativa perché si considera estraneo all'operato dei controversi ribelli.  

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