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"Merita di essere chiamato essere umano"

la storia di un nazista Giusto tra le Nazioni

"Basterebbe un solo tedesco buono, e questo tedesco meriterebbe di essere difeso, perchè grazie a lui non si avrebbe più il diritto di riversare l'odio su un popolo intero". Questi i pensieri di Etty Hillesum, intellettuale ebrea che si rifiutò di salvarsi e si consegnò volontariamente ai tedeschi per stare vicina alla sua gente.

E almeno un tedesco buono c'è stato, addiritttura un soldato della Wehrmacht. La sua foto è oggi nella casa di Yisrael Fruman, ebreo sopravvissuto all’Olocausto.

Tutto inizia quando la nipote di Fruman vede la foto, pubblicata su Haaretz, nell’articolo intitolato “Come un soldato della Wehrmacht è stato riconosciuto Giusto fra le Nazioni”.

L’articolo racconta la storia di Gehrard Kurzbach, comandante dell’esercito tedesco a capo di un’ officina per la riparazione dei veicoli militari a est di Cracovia, che ha salvato diversi ebrei del vicino ghetto di Bochnia dalla deportazione nei campi, nascondendoli nell’officina.

Prima della Seconda guerra mondiale c’erano circa 3.500 ebrei a Bochnia, quasi il 20% della popolazione della città. La persecuzione degli ebrei iniziò subito dopo l’occupazione tedesca della Polonia; il ghetto di Bochnia venne istituito nel luglio 1941, radunando tutti gli ebrei dell’area circostante.

La famiglia di Kurzbach ha ricevuto pochi mesi fa la medaglia e il certificato di Giusto fra le Nazioni.

Fruman ricorda l’incontro con Kurzbach, il 23 agosto 1942. “Kurzbach arrivò nel ghetto con un camion militare e iniziò a radunare le persone - racconta - Urlava contro di noi. Avevamo davvero paura di lui. Solo in seguito abbiamo capito che quelle urla erano una sorta di alibi. Fingeva di non essere un ‘amante degli ebrei’, nessuno sapeva che lui usava la sua uniforme per salvarci”. Fruman passò la notte nell’officina, con parte della sua famiglia. I cancelli erano chiusi, così nessuno poteva entrare. In questo modo, centinaia di ebrei si salvarono dalla deportazione che stava colpendo il ghetto. Il giorno dopo tornarono tutti a casa.

Diversi mesi più tardi, alla fine del 1942, i nazisti fecero i conti con Kurzbach. Frumer è probabilmente l’unico testimone vivente del suo arresto; vide cinque uomini armati avvicinarsi all’officina, disarmare e arrestare Kurzbach. Del comandante non si seppe più nulla.

Dopo aver letto l’articolo di Haaretz, Frumer ha scritto una lettera alla famiglia di Kurzbach che iniziava così: “Cara famiglia Kurzbach, compirò 85 anni la prossima estate. Sarò per sempre grato all’uomo che mi ha salvato dalla morte. Devo la mia vita al sergente Kurzbach da Bochnia. Ha salvato me, i miei genitori e mio fratello minore dalla deportazione nei campi di concentramento”. Con l’aiuto di una impiegata dell’ambasciata di Israele in Germania, Frumer è riuscito a rintracciare i parenti di Kurzbach, ai quali ha inviato la lettera pubblicata su Haaretz. Michael Scholl, nipote di Kurzbach, incontrerà Frumer in Israele il mese prossimo.

“Kurzbach - ricorda Frumer - è una persona che merita veramente di essere chiamato ‘essere umano’”.

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