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I medici ebrei e le leggi razziali

Incontro su Gino Neppi, il medico degli ebrei perseguitati

L’Associazione Medica Ebraica e il CDEC - Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano organizzano - giovedì 18 aprile alle 18 nella Sala Alessi di Palazzo Marino - un incontro dal titolo “I medici ebrei a Milano durante le leggi razziste: Gino Neppi un esempio di impegno civile e solidarietà”.

L’appuntamento è dedicato al medico che, aggirando i divieti imposti dalle leggi razziali del 1938, riuscì a prestare cure e soccorso agli ebrei perseguitati e ai bisognosi di Milano dal 1940 al 1943.

Nato a Ferrara nel 1890, Gino Emanuele Neppi si laurea in veterinaria e, dopo aver combattuto nella prima Guerra mondiale, decide di proseguire gli studi laureandosi in medicina e specializzandosi in ostetricia. Negli anni ’30 lavora come medico condotto del Comune di Milano fino al 1938, quando, licenziato a causa delle leggi razziali, è costretto a limitare l’esercizio della professione ai soli pazienti di religione ebraica. Con qualche espediente riesce per un po’ a eludere il divieto e a prestare cure mediche anche ai pazienti non ebrei, ma alla fine del 1939 la situazione diventa insostenibile. La comunità ebraica milanese deve fronteggiare il grave problema sociale e sanitario rappresentato dalle centinaia di ebrei giunti in città dai Paesi occupati dai nazisti. Decide allora di scrivere al professore Carlo Alberto Ragazzi, ufficiale sanitario del Comune di Milano, chiedendogli l’istituzione di un servizio ambulatoriale per curare i profughi e scongiurare il rischio concreto di un’epidemia dovuta alle precarie condizioni igienico-sanitarie in cui versano. Ragazzi acconsente e il 28 aprile del 1940 in via Panfilo Castaldi apre ufficialmente l’ambulatorio per la Comunità ebraica di Milano, supportato dalla Delasem (Delegazione Assistenza agli emigrati), con Neppi direttore responsabile e un gruppo di collaboratori di prim’ordine - come Marcello Cantoni, Marcello Lusena e Nathan Cassuto - a prestare cure di ogni tipo a più di cinquanta pazienti al giorno. Le figure centrali sono due medici generalisti, Oscar Benarojo, già assistente del Policlinico, ed Ephraim Chaimson, che fa anche l’interprete in tedesco e yiddish. Infaticabile, dopo la distruzione della sede di Via Castaldi a causa dei bombardamenti, Neppi chiede e ottiene una nuova sede al dazio di Porta Venezia, dove continua a prestare cure agli ebrei e ai milanesi bisognosi. Dopo l’8 settembre la situazione precipita. Accompagna la moglie a Ferrara e, nonostante i giustificati timori della donna, rientra a Milano per riprendere il servizio ambulatoriale, questa volta nella sua abitazione privata. Il 6 novembre i tedeschi fanno irruzione in casa. Neppi è catturato e deportato ad Auschwitz da dove non farà più ritorno.

“La peculiarità di Neppi consiste non solo nel fatto di essersi reso personalmente disponibile a curare i bisognosi ebrei e milanesi, ma anche nell’aver fatto di tutto per organizzare una struttura in grado di fornire cure specialistiche ai pazienti, con tanto di medico chirurgo, oculista, dermatologo, cardiologo… - racconta il dottor Giorgio Mortara, moderatore dell’incontro in Sala Alessi - Regolarmente Neppi preparava per il Comune di Milano un dettagliato resoconto delle visite svolte e, compilandone la modulistica, riusciva a disporre i ricoveri negli ospedali e ad avere gratuitamente le medicine per i suoi pazienti.”

Durante l’incontro del 18 aprile, patrocinato dell’OMCeO Milano - Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, a nome della cittadinanza verrà consegnato alla nipote Carla Neppi Sadun un riconoscimento alla memoria di Gino per il suo straordinario “impegno solidaristico”.

Prenderanno parte all’appuntamento anche Liliana Picciotto, storica del Cdec, presso cui sono archiviati i documenti sull’ambulatorio di Via Castaldi (“Fondo Cantoni”); Ugo Garbarini, già presidente dell’OMCeO di Milano e provincia e Andrea Finzi, cardiologo membro dell’Associazione Medica Ebraica.

10 aprile 2013

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