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"Perlasca non ha mai chiesto nulla per sé"

intervista a Luciana Amadio Perlasca

È giunto dalla Spagna, attraverso le pagine del Corriere della Sera, l’attacco a uno dei giusti più noti e amati in Italia, Giorgio Perlasca

Il giornalista d’inchiesta Arcadi Espada, nel saggio appena pubblicato a Madrid per i tipi di Espasa, En nombre de Franco, contesta i meriti dell’eroe italiano che a Budapest durante l’occupazione nazista riuscì a salvare migliaia di ebrei dalla deportazione spacciandosi per console della Legazione spagnola. Pur dichiarando in apertura di non voler ingaggiare “una sfida tra Italia e Spagna” e di non avere nulla di personale contro “l’italiano Giorgio Perlasca”, l’autore non esita ad affermare che “lo Schindler italiano” non ebbe il ruolo cruciale che gli è stato attribuito, nonostante le decine di testimonianze rese dai sopravvissuti.

L’impressione è che sia entrata in gioco anche in questo caso una sorta di “competizione tra Giusti”, un meccanismo che impedisce di riconoscere i meriti e il valore di alcune figure esemplari, magari poco note, senza delegittimarne altre. L’episodio appare triste, soprattutto agli occhi di chi lavora nella direzione opposta, e cioè per fare in modo che le azioni di tutte le figure esemplari siano custodite, valorizzate e tramandate.

Speriamo di leggere presto sulle pagine del Corriere della Sera, che ha ospitato la versione di Espada, anche la replica della Fondazione Perlasca. Intanto, ecco cosa ha raccontato a Gariwo la signora Luciana Amadio, nuora di Giorgio Perlasca e membro della Fondazione. 


Nel comunicato diramato dalla Fondazione Perlasca (vedi box approfondimenti) dopo la pubblicazione dell’articolo sul Corriere della Sera si fa riferimento a un incontro con l’autore del libro…

Sì, abbiamo incontrato il signor Arcadi Espada qualche mese fa, a casa nostra. Gli abbiamo mostrato tutti i nostri documenti e gli abbiamo anche fornito le fotografie dei materiali di cui non era in possesso per agevolarlo in ogni modo nella sua ricerca storiografica…

Nel libro, Espada afferma che Perlasca non conosceva l’ungherese e il tedesco – indispensabili per trattare con gli aguzzini - e che non fa mai riferimento alla presenza di un interprete…Cosa rispondete?

Non è vero. Perlasca conosceva il tedesco e, per quanto riguarda l’ungherese aveva un’interprete, una ragazza, che è ancora viva e abita a Montecarlo. Nelle sue memorie, la cita più volte e con molto affetto.

“Il mio libro non vuole essere una sfida tra Italia e Spagna – scrive Espada - solo vorrei che anche altri ricevessero il riconoscimento a cui hanno diritto”. Perlasca racconta degli altri che con lui aiutarono gli ebrei?

Perlasca non ha mai chiesto nulla per sé e ha sempre nominato tutti gli altri. La cosa a cui teneva particolarmente, quella che sottolineava sempre con i giornalisti che lo intervistavano, era che non si doveva assolutamente parlare male della Spagna perché proprio per merito della Spagna lui era riuscito a compiere la sua “opera umanitaria”, come è scritto nell’attestato che la Croce Rossa Internazionale gli ha riconosciuto alla fine del conflitto. Quindi, che venga detto che andava a portare il pane…Non  siamo in alcun modo contrari a vedere attribuito a Zoltan Farkas (l’avvocato ungherese dell’Ambasciata spagnola, ndr) il riconoscimento di Giusto tra le Nazioni, al contrario. Né abbiamo mai dubitato del fatto che sia stato giusto – giustissimo - attribuire quel titolo ad Angel Sanz Briz, l’ambasciatore spagnolo in Ungheria. È stato lui a cominciare e a mettere in moto tutto il meccanismo. Ma che per far questo si denigri la figura di Perlasca, affermando che non ha fatto nulla e che ha approfittato della situazione per attribuirsi tutti i meriti, ci sembra inaccettabile.

In sintesi, percepite la chiara volontà di sminuire il ruolo di Perlasca per mettere in luce le azioni compiute da altre figure?

Sì, e che nessuno hai mai negato. Anche Angel Sanz Briz ha ricevuto il titolo di Giusto e nessuno ha mai contestato il titolo di Perlasca, nemmeno quando l’Ambasciata di Spagna lo ha ricevuto con tutti gli onori e gli ha conferito la medaglia dell’Ordine di Isabella la Cattolica. Nessuno ha mai pensato di fare un’operazione simile rispetto a Perlasca e la Fondazione, da parte sua, mai si è permessa in tutte le manifestazioni e negli incontri con le scuole di dire male dell’ambasciata di Spagna, dell’Ambasciatore Sanz Briz e dei suoi collaboratori.

Dunque come spiega la posizione dell’autore?

Probabilmente con la volontà di sollevare un polverone, chiaramente volto a far leggere il libro al maggior numero di persone. Non troviamo altra motivazione, anche perché il libro si basa su tante falsità…Non possono dire che non sono mai stati nominati i collaboratori dell’Ambasciata spagnola, basta rivedere le interviste di Perlasca, rileggere i suoi diari, scritti in tempi non sospetti, al termine della guerra. Parla di Sanz Briz e del grande aiuto ricevuto dall’avvocato Farkas nelle questioni legali.

Il libro riconosce alcuni meriti a Perlasca, ma ne ridimensiona moltissimo il ruolo a Budapest. Eppure ci sono molte testimonianze sulle azioni da lui compiute… 

Siamo in contatto con un membro della resistenza ebraica, ancora in vita, che chiamò l’Ambasciata spagnola per i salvacondotti. Ha raccontato di aver parlato con l’ambasciatore Sanz Briz, il quale rispose: “vi metto in contatto con la persona che nella Legazione segue tutto” e li mise in contatto con Perlasca. Il giorno che Sanz Briz è partito – e mi riferisco ancora alle testimonianze dei salvati, non alle memorie - quando gli ebrei erano già in strada per essere deportati, Giorgio Perlasca è arrivato lì, Perlasca ha fermato tutto, Perlasca è andato a trattare sostenendo che la Legazione spagnola era ancora aperta e che lui ne era il rappresentante. Nessuno mette in dubbio che l’opera di salvataggio sia cominciata con Sanz Briz e che fino al 30 novembre Perlasca abbia avuto un ruolo di aiuto - poiché c’era ancora Sanz Briz a reggere l’ambasciata. Ma dal 30 novembre al 16 gennaio, data dell’ingresso dei Russi in Ungheria, Perlasca era solo con la Legazione di supporto, dove c’erano l’avvocato Farkas e altre persone che chiaramente lo aiutavano. Nessuno ha mani negato che avesse ricevuto aiuto e in special modo dall’avvocato. 

Qual è la peculiarità di Giorgio Perlasca?

La sua peculiarità consiste nel fatto che non aveva nessun incarico ufficiale. Sanz Briz aveva, come ambasciatore, un mandato dal governo spagnolo. Non conosco i documenti sul ruolo del governo spagnolo e non so bene della ricerca svolta dagli autori del libro su questo aspetto. Dunque, non entro nel merito. Ma Perlasca non aveva avuto nessun incarico. Si è mosso solo per empatia, l’empatia verso le persone che erano nella sofferenza

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