Nella località bosniaca di Brčko è stato inaugurato il primo memoriale della Bosnia-Erzegovina situato all'interno di un luogo di detenzione utilizzato durante il conflitto degli anni '90. 3.000 persone furono internate qui e solo poche hanno fatto ritorno.
Nel memoriale sono state esposte foto di prigionieri e articoli di giornale su tutto ciò che concerne il campo. C'è anche una targa che menziona l'aggressione serba, ma è stato necessario collocarla in un luogo poco esposto perché le autorità di Belgrado, come spiega la fondatrice di Gariwo Sarajevo Svetlana Broz, considerano "politicamente scorretto" dire la verità sul comportamento delle autorità militari serbe. In evidenza c'è una targa oggi più accettabile anche "da chi non accetta la verità", che riporta una condanna agli ustascia croati, i fanatici fascisti della seconda guerra mondiale.
La Broz, autrice del celebre libro I Giusti nel tempo del male sui salvataggi tra persone di diversa nazionalità o religione durante la pulizia etnica nella ex Jugoslavia, ha ricordato il serbo Đoko Stevanović, che cercò di salvare il compagno di prigionia musulmano Smail Ribić e fu ucciso insieme a lui.
Fadil Redžić, Presidente dei detenuti del campo di Luka, ha ricordato l'importanza per le autorità locali di cominciare a indagare sui colpevoli della detenzione e delle torture. Uno dei problemi è che in Bosnia non esiste un riconoscimento specifico per le vittime di tortura. I presenti hanno potuto anche ascoltare i resoconti dei testimoni oculari Džafer Deronjić e Šefik Hasanović.