Furgone simile a quelli usati a Semlin

Ricostruire per ricordare. Questa l'idea alla base del progetto di Belgrado, che vuole ristrutturare il campo di concentramento della città e renderlo un centro di ricerca e memoria.

"Ci sarà una parte dedicata alla memoria - ha dichiarato Zelijko Ozegovic, responsabile del progetto nella capitale serba- una alla documentazione e alla ricerca, e una all'educazione delle giovani generazioni, che hanno costantemente bisogno di conoscere quanto è accaduto".

Il complesso, costruito nel 1937 e trasformato in campo di concentramento con l'invasione nazista del 1941, è conosciuto con il nome di Judenlager Semlin, ed è il campo più grande dell'Europa sud orientale. Dal dicembre 1941 al maggio 1942 i nazisti vi uccisero circa 7000 donne e bambini ebrei. Gli uomini erano già stati portati via e giustiziati nel novembre 1941 in un campo chiamato Topovke Sume.

Nato come campo di concentramento, quello di Semlin divenne presto un luogo di sterminio. Nella primavera del 1942 infatti le autorità che occupavano Belgrado realizzarono che la deportazione degli ebrei a est non era imminente. L'opzione del rilascio non era contemplata e così i comandanti tedeschi decisero di trovare una soluzione "locale" alla questione ebraica, grazie anche all'aiuto del governo di Berlino che fornì gli strumenti necessari. Nel marzo 1942 arrivò al campo un furgone, guidato da due soldati delle SS, che agiva come una camera a gas itinerante. Bastava un viaggio di 15 minuti per uccidere 100 persone chiudendole nel vano posteriore. In meno di due mesi il furgone uccise circa 6.300 ebrei, sui 7000 presenti. Poco meno di 50 donne sono sopravvissute.

Violenze come queste hanno sterminato l'80% della comunità ebraica serba, e hanno portato le SS a dichiarare, nel maggio 1942, che il paese fosse completamente judenfrei - libero dagli ebrei.