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"La morte di Videla chiude un capitolo doloroso"

il sentimento degli ebrei argentini per la morte dell'ex dittatore

Haaretz ha ricostruito la storia delle comunità ebraiche d'Argentina durante e dopo la Sporca Guerra che Jorge Videla fece agli oppositori e ai "diversi" durante il suo regime. 

Jorge Knoblovits, Segretario Generale dell'organizzazione che rappresenta le comunità ebraiche del Paese Latino Americano, ha rilasciato un comunicato secondo cui: "Videla è morto dove doveva, in carcere. Per me personalmente questa morte non costituisce né un dolore, né una liberazione. Rimpiango solo che un simile personaggio sia mai nato. Oggigiorno, benché siano passati 30 anni dal ritorno della democrazia in Argentina, i leader ebraici locali sono imbarazzati per il ruolo che le organizzazioni ebraiche hanno svolto o evitato di svolgere negli anni della dittatura"

Soccorritori e indifferenti


Il riferimento è alla presunta "apatia" delle organizzazioni ebraiche argentine quando la dittatura prendeva di mira gli israeliti. Il problema, secondo lo storico Daniel Muchnik, era l'atteggiamento di Israele e della sua rappresentanza diplomatica in Argentina verso la dittatura. Ci sarebbero molte testimonianze, ad esempio di piloti militari argentini, secondo cui Tel Aviv riforniva Buenos Aires di armi e in alcuni casi nicchiava su casi di detenzione e tortura. 

Haaretz ricorda in particolare quello che vide vittima il giornalista ebreo Jacobo Timerman, padre dell'attuale Ministro degli Esteri argentino Hector Timerman, che fu insultato con epiteti antisemiti dai suoi aguzzini nella prigione dei fascisti. Sembra che Israele avesse optato per una politica di "non ingerenza" negli affari interni argentini, e questo causò gli imbarazzi di cui sopra. Sebbene non mancassero casi come quello di Marshall Meyer, il rabbino della comunità El Beit di Buenos Aires, che rischiò la vita per portare conforto agli ebrei detenuti nei luoghi di tortura, in alcuni casi "mutandone il destino". 


Nuovi libri sull'Argentina

Queste dolorose vicende sono affrontate in diversi libri, come ad esempio Operacion Israel di Hernan Dobry o quello dello stesso Muchnik, Aquel periodismo- politica, medio y periodistas. Da tutti emerge che su 30.000 desaparecidos argentini 2.000 appartenevano alla comunità ebraica ufficialmente, e molti altri non si riconoscevano come ebrei, ma avevano origini in quella comunità religiosa. Furono tra i 200 e i 300 gli ebrei inviati nelle Falkland/Malvinas e subirono pesanti maltrattamenti da parte dei loro superiori militari in quanto ebrei. 

Una misura controversa attuata dal regime di Videla verso gli israeliti fu quella di arruolare obbligatoriamente un certo numero di rabbini all'interno dell'esercito argentino nel 1982. Presentata come una concessione al governo di Israele, del quale non si voleva perdere il supporto militare, non mancò di causare divisioni tra gli ebrei.  

Nelle stanze di tortura del regime, appese alle pareti c'erano spesso fotografie di Hitler. Molti ebrei, come gli altri giovani latinoamericani dell'epoca, erano affascinati da Che Guevara e altri rivoluzionari di sinistra e furono perseguitati per le idee politiche, ma c'era anche il vero e proprio antisemitismo. 

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