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Se le "scuse" dei khmer rossi non bastano

Cambogia, proposta legge contro il negazionismo

Il premier cambogiano Hun Sen ha invocato una legge che punisca coloro che negano il genocidio dei khmer rossi in un clima di aspra contrapposizione politica sullo sfondo del processo agli ex leader comunisti. 

In aula quattro vittime hanno potuto interrogare direttamente gli imputati per il genocidio di due milioni di persone su sette perpetrato dai khmer rossi cambogiani negli anni '75-'79. 


Una testimonianza


Thoutch Pandara, una cambogiana divenuta cittadina francese di 67 anni, ha raccontato di come le milizie khmer hanno trascinato le famiglie e perfino le persone ospedalizzate fuori dalle loro case, minacciandole con fucile e a volte uccidendole, per poi deportarle nel villaggio di Kampong Meas e infine nel villaggio di Pursat, dove oltre al lavoro forzato iniziò anche la grande carestia causata dalle politiche comuniste. I genitori della signora Pandara furono costretti a lavorare insieme con forzati adolescenti e, poiché non reggevano i ritmi, morirono nel 1976 assieme a tutti i suoi parenti. 


"Le condizioni in cui sono morti non sono degne neanche di animali. Alle bestie va meglio, vengono sepolte, ma i miei genitori morirono in un modo che non ci sono parole per descrivere. Buttati in una fossa, nudi, non so nemmeno dove, e mi porto dentro un terribile senso di colpa per questo e per non essere stata capace di salvarli. Se fossi stata un po' più coraggiosa, forse avrei potuto nutrirli, portare loro del riso, qualcosa. Ricordi del genere non si cancellano mai". 


Scuse dubbie?


La difesa di uno dei "grandi fratelli" khmer rossi imputati nel processo, Khieu Samphan, è stata duplice: da un lato ha presentato le sue scuse direttamente alle vittime, dall'altro ha sostenuto che i responsabili delle atrocità "non furono la gente normale, ma i leader spietati". Dunque il genocidio non avrebbe trovato milioni di "volenterosi carnefici", ma solo un pugno di guide del popolo esaltate. In attesa delle prossime sedute, ci si chiede che significato hanno le "scuse" espresse dagli imputati, senza un'ammissione di responsabilità

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