La rabbia degli attivisti per la difesa del Gezi Park è tanta. Il movimento è composito. Ne fanno parte madri indignate che considerano i manifestanti come loro figli, ambientalisti, architetti, pacifisti gandhiani e gente che reagirebbe contro i lacrimogeni della polizia. C'è perfino un gruppo di armeni che ha scoperto un cimitero di questo popolo sotto un viale del polmone verde di Istanbul e si batte per conservare questo patrimonio storico e di memoria.
Erdogan ha preso due provvedimenti, uno restrittivo e uno, per ora a dire il vero solo paventato, di apertura. Per prima cosa ha multato i media che hanno mostrato in diretta le manifestazioni, accusandoli di aver "danneggiato lo sviluppo fisico, psichico e morale" dei giovani spettatori. Il provvedimento ha colpito sia la Cem Tv degli aleviti, gli sciiti vicini agli alawiti siriani, sia canali stranieri come la canadese Cbc, che si è vista arrestare e interrogare dalla polizia due reporter.
Ma il primo ministro turco, secondo cui "i media fanno più danni delle autobombe", sta valutando anche se e come andare incontro alle richieste dei dimostranti. Ha incontrato una delegazione di 11 attivisti, che però secondo molti non è rappresentativa del movimento di protesta, e si è perfino lasciato sfuggire un'ipotesi di referendum per decidere la sorte del parco.