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Viaggio tra i giovani di Armenia e Azerbaigian

del giornale francese Le Monde

Le Monde ha incontrato i ragazzi di Armenia e Azerbaigian, due Paesi che combattono una guerra che ha fatto 23 mila morti in 25 anni. Mentre la situazione permane tesa e pericolosa attorno alla "linea del fronte", molti di questi giovani si rivolgono verso l'estero. 

Aspettative democratiche ed emigrazione

Uno studente azero che ha voluto restare anonimo racconta del suo rientro nel Paese dopo gli studi in Europa: "Non sono riuscito a trovare un lavoro che mi permettesse di mantenermi. Tutte le Mercedes e i bei palazzi sono fuori dalla nostra portata e regnano ovunque la corruzione, la mancanza di libertà e di giustizia", ha spiegato al giornalista David Mdzinarishvili. 
In Armenia per contro la libertà di espressione permette di criticare liberamente "la democrazia minimale" che vi regna secondo Varsik, uno studente 25enne di Gyumri, seconda città del Paese. Anche lui denuncia la corruzione e i brogli elettorali. Che avrebbero l'effetto di scoraggiare i giovani armeni, al punto di spingerli a espatriare. "C'è il diritto di dire ciò che si vuole, ma mai qualcuno che ascolti!". 

Anche dal Nagorno-Karabakh sono in molti a partire. La regione è poverissima, del tutto dipendente dagli aiuti armeni, e "governata da uomini d'affari che non pensano altro che a se stessi", spiega Souren, di 29 anni, che ha deciso di andare a vivere in Russia. "Sono fiero di essere armeno. Negli altri Paesi ci rispettano. Ma la nostra nazione è come in letargo, e i politici non si fanno problemi a lasciare le persone ai bordi delle strade". 

Guerra vissuta e immaginata

C'è però anche chi torna. Sassoul, 34 anni, con un fratello morto nel conflitto, è rientrato dalla Russia con abbastanza soldi per aprire un garage. "Può essere una follia rimanere qui, ma è la mia terra e ci resterò finché possibile". 
Gli armeni sono fieri della loro cultura millenaria, mentre gli azeri, spesso (ma non sempre) scontenti del Presidente Aliev, vorrebbero buttare via il regime, non il carattere tollerante e accogliente del loro popolo Alcuni sostengono il governo, perché pensano che sappia garantire la crescita grazie ai proventi del petrolio. In genere quello che rimproverano ad Aliev a proposito del conflitto nel Nagorno è il fatto che la guerra sia dannosa per l'economia. 

Di solito chi ha visto la guerra è più tollerante di chi la immagina soltanto, vedendo la regione del Nagorno come un "pezzo di territorio" da conquistare o mantenere. E non manca chi dichiara: "Non cambierà niente se resteranno al potere gli stessi dirigenti, ma i nostri due popoli sono vicini tra loro in molti ambiti. Conviviamo perfettamente e ci sono anche dei matrimoni misti. Bisogna che i due popoli ritrovino la volontà di rincontrarsi, e di rispettarsi a vicenda, gli armeni più antichi e anche noi". 

La guerra in cifre


Il Nagorno-Karabakh è una regione abitata da 140.000 persone ed equivalente alla zona francese delle Alpi Marittime. Storicamente è popolato da armeni, ma fu accorpato all'Azerbaigian da Stalin nel 1921. La componente azera è molto piccola. Dopo il crollo dell'URSS nel 1991, la maggioranza armena ha cominciato a rivendicare il possesso di tutta l'area, ma l'Azerbaigian rifiuta di cedere parte del suo territorio e invia l'esercito. Il conflitto ha fatto 23.000 morti e ha costretto alla fuga oltre 500.000 persone, prima del cessate il fuoco del 1994. Da allora il Nagorno-Karabakh è una repubblica autoproclamata, non riconosciuta dalla comunità internazionale e ha una struttura a enclave, fatto salvo per un piccolo corridoio collegato al territorio armeno. Incaricato di ricercare una soluzione è il gruppo di Minsk, formato da USA, Russia e Francia.

I rischi di escalation


Un'organizzazione umanitaria chiamata International Crisis Group ha sottolineato in un recente rapporto che al momento Armenia e Azerbaigian sono a rischio di un'acutizzazione del conflitto molto pericolosa, anche perché nel sud del Caucaso c'è la presenza di numerose fonti energetiche. I leader dei due Stati userebbero sempre più frequentemente parole come "Blitzkrieg" o "guerra totale" e gli scontri starebbero aumentando, anche fuori dal Nagorno-Karabakh. Sono frequenti le provocazioni e alti i rischi di turbolenza politica interna. L'ICG ha formulato numerose proposte tra cui quella di attivare una linea telefonica tra Yerevan e Baku per diminuire le chance di un conflitto di intensità maggiore di quella finora conosciuta.

15 ottobre 2013

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