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La linea rossa dell'attivismo in Cina

carcere per chi la attraversa

Wang Gongquan è un ricchissimo immobiliarista, appare su riviste come Forbes e, secondo il New York Times, queste sarebbero condizioni ideali per vivere al riparo dagli arbitri della polizia cinese. Eppure negli ultimi anni ha deciso di sostenere il New Citizens Movement, un'associazione di professionisti e altri residenti urbani che domandano il rispetto della libertà di espressione e di altri diritti formalmente garantiti dalla Costituzione. 

Il New Citizens Movement

Wang è stato arrestato il 21 ottobre con l'accusa, mai chiarita dalle autorità, di aver turbato la quiete pubblica. In realtà secondo gli esperti avrebbe oltrepassato la "linea rossa" dell'attivismo politico, ovvero la regola non scritta, vigente a Pechino, secondo cui un uomo d'affari non può battersi per i diritti umani e la democrazia, perché le autorità non vogliono che si formi "una classe medio-alta con forte consapevolezza politica". 

"Il New Citizens Movement non può costituire un pericolo perché non rivendica nemmeno il multipartitismo", fa osservare Chen Ziming, che ha trascorso molti anni in carcere per aver partecipato alle proteste di Piazza Tienanmen nel giugno 1989.  Chen ha anche specificato che Wang "non è solo". Il Partito Comunista Cinese il mese prossimo affronterà il congresso e per questo ha in corso una campagna particolarmente feroce contro i dissidenti. 


La linea rossa potrebbe essere stata attraversata in questi giorni anche dai redattori del giornale cinese New Express, che ha pubblicato dei pezzi in cui chiede il rilascio di un collaboratore arrestato per aver effettuato delle indagini di giornalismo economico. 


Il coraggio del giornale New Express


Chen Youngzhou si trova infatti in prigione da venerdì scorso per aver indagato sui conti della seconda industria pesante più importante della Cina, la Zoomlion Heavy Industry Science and Technology Company. La ditta aveva dovuto sospendere le transazioni azionarie dopo una denuncia del New Express. 


La direzione del giornale ha revisionato tutti i pezzi di Chen e vi ha trovato "un solo piccolo errore", per cui ora sui media cinesi la domanda ricorrente è: è giusto punire con il carcere gli errori dei reporter? Ma altri chiedono: è giusto che la libertà di un giornalista dipenda dalla forza dei poteri industriali che eventualmente gli capita di disturbare? Mentre rimane certo che l'atto del giornale di pubblicare la richiesta di liberazione è inconsueto e coraggioso in Cina.

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