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Aung San Suu Kyi in Italia

"È il momento di cambiare la Birmania"

Sta per concludersi il viaggio di Aung San Suu Kyi in Italia. Alla donna, Nobel per la Pace nel 1991, sono stati consegnati i premi e le onorificenze che la sua detenzione le aveva impedito di ritirare negli anni.

Aung San Suu Kyi ha visitato l’Italia per la prima volta, partendo dalla capitale, dove ha ricevuto la cittadinanza onoraria - assegnatale nel 1994 - e il premio Roma per la pace del 2007. Il suo viaggio l’ha poi portata a incontrare il sindaco di Torino Piero Fassino, che da inviato speciale dell’Unione europea per la Birmania vigilò sull’avvio della transizione democratica nel Paese, e il sindaco di Bologna, città che nel 2000 le assegnò la cittadinanza onoraria e una laurea ad honorem.

Durante la sua visita ufficiale, la Nobel per la pace ha avuto l’occasione di dialogare con Papa Francesco e con le alte cariche delle istituzioni italiane - Giorgio Napolitano, Enrico Letta, Emma Bonino, Pietro Grasso e Laura Boldrini - e in ogni discorso ha sempre ripetuto una frase: “Non mi sento un’eroina”.

Eppure Aung San Suu Kyi ha dedicato la vita alla lotta per la pace e la democrazia nel suo Paese, pagando il suo impegno con 15 anni di arresti domiciliari. “Mi sento debitrice nei confronti dell’ex presidente ceco Václav Havel e dell’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu - ha dichiarato la donna in un’intervista concessa a Mario Calabresi per LaStampa - che mi hanno sostenuto personalmente. Havel mi ha telefonato poco prima di morire e pochi giorni dopo ho ricevuto una sua lettera. E Tutu ancora oggi ci sostiene da vicino. Sono stati capaci di farlo e di capirci meglio di chiunque altro allora perché veniamo dalla stessa storia, da un percorso simile, anche se noi siamo ancora all’inizio della nostra battaglia per la democrazia”.

Alla comunità internazionale San Suu Kyi, che oggi è anche la leader dell’opposizione del Paese, chiede di sostenere il suo sforzo per emendare la Costituzione. “Quella attuale non è democratica - spiega - e non possiamo spingere il processo di riforme se prima queste modifiche non saranno effettuate. Finché non sarà rivista, non avremo una vera democrazia”. La Costituzione, infatti, contiene diverse norme discriminatorie, prima tra tutte quella che vieta la candidatura di cittadini con parenti stranieri - come Aung San Suu Kyi, il cui marito Michael Aris era nato a Cuba da madre canadese e padre inglese.

Nel 2015 il Myanmar si recherà alle urne per le elezioni delle Camere, chiamate poi a nominare il nuovo capo dello Stato. Thein Sein, primo ministro durante la giunta militare e oggi presidente del Paese, ha già annunciato di non volersi ricandidare e di lasciare la guida del Partito a Shwe Mann, l’attuale presidente del Parlamento. “In apparenza, la Birmania sta attuando riforme democratiche, ma non è affatto così - spiega Aung San Suu Kyi - Pochissimi da fuori hanno studiato la nostra Costituzione, e di fatto pochissimi birmani hanno avuto la possibilità di leggerla, perché nel 2008 quando c’è stato il referendum per approvarla ne sono state stampate solo 10mila copie su una popolazione di 55 milioni di abitanti”.

Aung San Suu Kyi è riuscita a entrare in Parlamento nel 2012, dopo un turno elettorale suppletivo, ma ha manifestato la volontà di correre per la più alta carica per il Paese. Di fatto, questo sarà possibile solo con l’eliminazione della norma contra personam dalla Costituzione.

30 ottobre 2013

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