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Hannah Szenes, Israel Kastner e la dubbia arte del negoziato

eroismo militare e compromessi che salvano vite umane

Tutti noi abbiamo visto film come Il Negoziatore, dove il sospetto della complicità con i criminali avvelena l'atmosfera e talvolta fa rischiare la vita agli incaricati di grandi trattative. Molti di noi hanno anche assistito a lezioni o letto libri su come si tratta, sia per vendere prodotti che per risolvere questioni controverse. Un tipico capitolo di questo materiale didattico, il capitolo dei casi estremi, potremmo chiamarlo, si intitola: Negoziare con Hitler? 
In trattative con i nazisti si specializzò Israel Kastner, ebreo ungherese originario della Transilvania e attivo a Budapest come vicepresidente dell'Aid and Rescue Committee, un ente ebraico nato nel 1941 per salvare i profughi che erano arrivati in Ungheria per sfuggire alla deportazione dai Paesi già occupati dai nazisti. 

Dopo che le truppe tedesche invasero anche l'Ungheria, Kastner si trovò nella disperata situazione di negoziare con Adolf Eichmann il riscatto degli ebrei ungheresi, in quello che è chiamato "accordo sangue contro oro", un tragico compromesso che non ebbe il risultato sperato, ma a margine del quale i nazisti acconsentirono a non deportare 1.684 ebrei, che poterono partire incolumi per la Svizzera. "Chi ha potuto salvare un numero così alto di ebrei?", si domanda Dan Laor sul giornale israeliano Haaretz. Davvero poche persone, che non sempre peraltro furono glorificate come eroi, ma a volte, come nel suo caso, vennero accusate di collaborazionismo e tradimento al termine del secondo conflitto mondiale. 

Kastner, "l'ebreo traditore" per la maggior parte dei suoi contemporanei in Ungheria e Israele, riuscì anche a far trasferire 21.000 suoi correligionari dall'Ungheria meridionale al lager di Strasshof vicino a Vienna anziché ad Auschwitz, e collaborando con l'SS Kurt Becher fece passare molti campi di concentramento nelle mani degli Alleati.  

Eppure fu accusato dalla madre di Hannah Szenes, eroina nazionale per essersi fatta paracadutare dalla Palestina alla natia Ungheria a soli 23 anni con la duplice missione di spiare per conto degli inglesi e salvare quante più vite umane possibili, di avere ignorato le sue richieste di liberazione quando la ragazza era in carcere in attesa di essere giustiziata dopo la cattura avvenuta quasi subito dopo l'atterraggio. Lui si difese sostenendo di aver affidato alle cure della Croce Rossa l'eroina celebrata sia da Budapest che da Tel Aviv. Negli anni si sono poi sviluppate diverse argomentazioni in sua difesa, riprese anche da film e documentari. Una di queste è che nella situazione di Kastner, che non fallì nel salvataggio di molte vite umane a differenza della coraggiosissima Szenes, avere a che fare con questi giovani che si paracadutavano nel Paese era pericoloso potenzialmente per l'intero negoziato. Addirittura si è arrivato a dire che Hannah Szenes, quando fu torturata dalla polizia ungherese, tradì i suoi compagni paracadutisti, anche se quest'accusa è considerata abietta dalla maggior parte degli ungheresi e degli israeliani. 

Forse la figura di Hannah Szenes è stata funzionale a diffondere in Israele la narrazione di un popolo ebraico ribelle, contrapposta all'immagine dell'Olocausto, anche in senso etimologico, con gli ebrei come "agnelli che vanno docili al macello". Forse semplicemente è più difficile accettare l'ambiguità dei soccorritori. Sicuramente Israel Kastner è finito sotto processo anche un'altra volta, quando il giornalista Malchiel Gruenwald lo accusò di avere collaborato con i nazisti, contribuendo a perpetrare l'annientamento degli ebrei ungheresi. La sentenza, il 22 giugno 1955, stabilì che "Kastner ha venduto l'anima al diavolo". Il giudice Halevi non si trattenne dal paragonare Israel con l'eroina Hannah e presentarlo come un collaborazionista, che nascose la verità agli (altri) ebrei e facilitando in sostanza lo svolgimento della "soluzione finale". Fu così che tre concittadini israeliani decisero di porre fine alla sua vita con un'imboscata il 4 marzo 1957. Gravemente ferito, Kastner morì per le lesioni riportate il 15 marzo dello stesso anno. 

L'immagine di Kastner cambiò in seguito al processo Eichmann. Soprattutto fu possibile valutarla nel suo contesto, la Budapest occupata dai nazisti dopo l'invasione tedesca. In alcuni film si vede il disperato negoziatore comportarsi coraggiosamente davanti ad Eichmann, e perfino osare mettersi contro i leader della comunità ebraica che a volte non erano d'accordo con le sue mosse azzardate, tutte intraprese con l'unico e nobile scopo di salvare gli ebrei. 

Chi ha ragione? Ha senso una contrapposizione tra queste due figure? È ora di riabilitare Kastner? Certamente il tema è uno dei più controversi perché solleva tragici dubbi sul ruolo delle istituzioni ebraiche durante la Shoah (bisogna ricordare che gli ebrei avevano appena cominciato ad avviare dei tentativi di coordinarsi, appositamente in vista dell'enorme pericolo costituito da Hitler, e non avrebbe alcun senso considerarli un'entità a sé). Certamente Kastner ci sfida con la sua ambiguità, il suo "patto con il diavolo" che però portò a salvare migliaia di ebrei. Mentre l'eroismo di Hannah Szenes rimane, nonostante il fallimento dovuto alla subitanea cattura e la certezza ormai acclarata, come ha scritto Gabriele Nissim ne Il Tribunale del Bene, che si debba ormai accantonare "una visione a senso unico" della Shoah, come monito e come testimonianza dell'incredibile coraggio e altruismo di una giovane donna, anche lei ebrea, nel fiore degli anni, che mise in discussione non solo la sua vita, ma anche i suoi sogni futuri per il bene  di tutta l'Europa.   

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