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L’Ungheria fa i conti con il passato

intervista a Federigo Argentieri

Il partito Fidesz al potere ricorda con cerimonie pubbliche il controverso ammiraglio Horthy, da molti ritenuto responsabile della deportazione degli ebrei ungheresi durante l’occupazione nazista. Una nuova formazione di estrema destra, Jobbik, si dà a pesanti ingiurie e aggressioni contro la tradizione ebraica e gli stessi ebrei. Senza contare le discriminazioni verso i rom. Abbiamo chiesto a Federigo Argentieri, professore di Storia contemporanea e Politica internazionale alla John Cabot University e al Temple University Rome Campus, di spiegarci che cosa sta succedendo a Budapest, un tempo crocevia di culture e ora alveo di coltura del populismo xenofobo?

Di recente in Ungheria è stato scoperto un busto dell’ammiraglio Horthy. Chi era? 
L’ammiraglio Miklós Horthy era un comandante della flotta austroungarica nella prima guerra mondiale, che divenne reggente quando fu soppressa la Repubblica dei Consigli nel 1919. Il regime messo in piedi dall’ammiraglio Horthy era un regime controrivoluzionario, anticomunista, ma non fascista: stava a metà strada tra il franchismo e un tipo di autoritarismo “est-europeo”, che riprendeva un po’ della tradizione austroungarica, con alcuni partiti proibiti, comunisti fuori legge, elezioni quasi libere nelle città e invece per scrutinio palese nelle campagne. Questo perché nelle città si voleva dare l’impressione di un assetto democratico, anche per questioni di immagine internazionale, mentre nelle campagne i proprietari terrieri appoggiavano il regime e i contadini non avevano il diritto di voto segreto. 

Perché Horthy è accusato da più parti di essere responsabile della deportazione degli ebrei?
Nel periodo tra il 1938 e il 1944, Horthy percorse una strada pericolosa per l’Ungheria, nel tentativo di recuperare almeno in parte i territori persi con il trattato di pace di Trianon, che era stato disastroso per il Paese. L’Ungheria aveva riportato le perdite più gravi e perso i territori più grandi. Il suo appello per riavere parte di quelle terre, abitate da ungheresi, fu completamente ignorato. Questo rappresentò un trauma per la politica ungherese in quel momento e per gli anni a venire. Prima Mussolini, poi Hitler si posero come “redentori” dei territori ceduti. Quindi l’Ungheria strinse con questi due regimi alleanze che nascevano dagli interessi nazionali più che da una vera e propria affinità ideologica. L’impostazione ungherese era diversa sia dal fascismo italiano, in quanto assolutamente non ideologica, sia dal nazismo tedesco. Non voglio dire che l’Ungheria fosse un Paese di bengodi, però vi si poteva vivere, anche se con qualche difficoltà. Nel 1938 Hitler cominciò a esigere concessioni in cambio del suo appoggio alle rivendicazioni territoriali ungheresi.  L’Ungheria cominciò quindi ad approvare legislazioni antisemite che, come nel caso italiano, costituirono discriminazioni gravissime sul piano politico, economico e sociale, ma non sfociarono in deportazioni. 


Quando si verificarono le deportazioni degli ebrei e che cosa comportarono?
Occorre fare una precisazione. Non per giustificare Mussolini, ma l’Italia dal ’38 al ’43 era una cosa e dal ’43 al ’45 un’altra. Questo lo sappiamo benissimo. Lo stesso vale per l’Ungheria. Nel 1944, il timore che il Paese passasse dalla parte alleata - e Budapest stava pensando proprio a quello - spinse Hitler a invadere l’Ungheria come aveva fatto con l’Italia l’anno precedente. Solo che questo Paese, essendo molto piccolo e non avendo ancora gli Alleati sul territorio, venne occupato interamente. Il periodo peggiore di Horthy fu proprio questo, dal 19 marzo al 15 ottobre 1944, sette mesi quasi esatti durante i quali furono deportati nei campi di sterminio più di mezzo milione di ebrei ungheresi. Horthy porta tutta la responsabilità politica di questo crimine, pur non avendolo compiuto direttamente. Che cosa fece? Naturalmente i suoi difensori dicono che si adoperò per limitare il numero dei deportati. In effetti si può dire che, finché ci fu Horthy, quasi tutti gli ebrei di Budapest non furono deportati, o meglio: furono reclusi nel ghetto, ma restarono in città. La deportazione toccò principalmente gli ebrei della provincia. In questo periodo lo svedese Raoul Wallenberg si adoperò assiduamente per salvare quanti più ebrei possibile e in questo fu aiutato dal nunzio apostolico italiano Angelo Rotta, e dal commerciante Giorgio Perlasca. Quando le croci frecciate, i nazisti ungheresi, subentrarono a Horthy, cadde completamente la maschera e gli ebrei vennero sterminati direi quasi a vista d’occhio. 

Quindi era possibile un periodo peggiore senza Horthy....
Sì, perché dopo il 15 ottobre gli ebrei non furono neanche più mandati nei campi, ma trucidati sul posto. Venivano legati in fila in riva al Danubio, uno riceveva una pallottola in testa e tutti gli altri cadevano e annegavano. Ciò dimostra che il peggio era ancora possibile. Horthy è avvolto da una luce obliqua: da un lato lo si può ritenere complice, dall’altro può essere considerato alla stregua di Mussolini, nel periodo post’43.  


La manifestazione è stata voluta dal partito estremista Jobbik. Che cosa rappresenta e che cos’è Jobbik? Com’è arrivato ad affermarsi? 
Jobbik rappresenta una tradizione che ha radici antiche nel Paese. Prima del crollo dell’Impero e della sua amputazione territoriale, perché di questo si è trattato, l’Ungheria aveva apparentemente risolto la questione ebraica. Gli ebrei, oltre a godere degli stessi diritti del resto della popolazione, godevano di un prestigio sociale che non avevano da nessun’altra parte. Avevano, per esempio, accesso alla proprietà terriera ed esisteva una piccola nobiltà ebraica, di cui non si è mai sentito parlare in nessun altro Paese. Gli ungheresi cristiani, che si sentivano minacciati dalle minoranze, vedevano negli ebrei che si “ungheresizzavano” un prezioso alleato per il raggiungimento di quel 50% della popolazione complessiva, che per loro significava la supremazia etnica


Quando si passò da questa convivenza pacifica alle discriminazioni razziali contro gli ebrei?
Dopo il 1919 alcuni scrittori crearono nuovi miti, non solo inventando leggende su fatti passati e lontani - come succedeva altrove - ma accusando gli ebrei di avere sposato il comunismo, di avere distrutto l’Ungheria. Essi diedero forma a un antisemitismo forsennato. Queste sono le radici lontane di Jobbik.


E il presente di questo partito? 
Jobbik è tornato sotto i riflettori perché l’Ungheria post-comunista è stata vittima di una crisi economica, come un po’ tutti i Paesi dell’area. Nei momenti di crisi e di incertezza si cercano i capri espiatori. Inoltre molti americani di origine ungherese come George Soros investono in Ungheria e così fanno anche molti israeliani di origine ungherese. Questa è una cosa positiva, che però viene trasformata in teoria del complotto, come faceva Mussolini negli anni ’30. Che cosa fa Jobbik? Crea alcune mitologie negative a partire da fatti più o meno “veri” e mostra una faccia ostile al mondo globalizzato. È come se qualcuno ossessionato dagli italiani, dagli austriaci e dai tedeschi, dicesse che essi vogliono conquistare l’Ungheria attraverso gli investimenti. Sarebbe una cosa in qualche misura fondata, perché è vero che questi Paesi investono in Ungheria, ma non hanno alcuna volontà di conquistarla. Questa mitologia negativa, oltre a essere abbastanza aggressiva nei confronti della tradizione ebraica e degli ebrei ungheresi, è radicalmente ostile ai rom. Questo gruppo etnico è molto numeroso in Ungheria e Jobbik esibisce un’aggressività quasi fisica nei suoi confronti. 

Oggi un’indagine europea sull’antisemitismo rivela che il 49% degli ebrei ungheresi si sente minacciato. Ci sono anche casi di aggressioni, insulti e altre manifestazioni di manifesta ostilità contro gli ebrei. Che cosa succede? Ci sono discriminazioni etniche o religiose? 
Non c’è una legislazione contro gli ebrei. Essi vengono ingiuriati e a volte attaccati da estremisti che cercano di attrarre l’attenzione dei media. Jobbik è un fenomeno mediatico. 


Oltre a Wallenberg, potrebbe citarci un esempio di figura positiva in Ungheria rispetto alla Shoah e all’antisemitismo? 
Certamente. Si tratta di Istvan Bibò, che peraltro Gabriele Nissim conosce molto bene. Va ricordato come Giusto per meriti soprattutto intellettuali: scrisse libri nei quali fece i conti con le responsabilità collettive dell’Ungheria nel secondo conflitto mondiale.

Ci sono commemorazioni della Shoah in Ungheria? Vi viene celebrata la giornata internazionale della memoria del 27 gennaio? 
Viene celebrata come in tutta l’Unione Europea. È però una cerimonia sentita solo da una parte della società. Jobbik ha raggiunto il 17% alle ultime elezioni, ma sussistono ragionevoli dubbi che possa eguagliare questo risultato in futuro. Io spero proprio che non ci riesca. 

Federigo Argentieri dirige l'Istituto Guarini e insegna Storia Contemporanea e Politica Internazionale alla John Cabot University e al Temple University Rome Campus. Laureato in Scienze Politiche all'Università “La Sapienza” di Roma, Federigo Argentieri ha in seguito conseguito un Ph.D in Storia Moderna e Contemporanea presso l 'Università delle Scienze Eötvös Lorand (ELTE) di Budapest.  Dal 1994 al 2001 ha insegnato Storia dell'Europa orientale presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze. Co-fondatore,  nel 1989, dell'Istituto per la storia della rivoluzione ungherese del 1956, nel 2005 è stato insignito della Croce media al Merito della Repubblica ungherese. Tra le sue pubblicazioni, il libro edito da Marsilio “Budapest 1956 - la rivoluzione calunniata”.

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